Il risultato del primo turno delle elezioni per il Parlamento francese mostra, come ci si aspettava, un successo del Rassemblement National di Marine Le Pen con circa il 34% dei voti, secondo le proiezioni, senza ottenere la maggioranza assoluta di 289 deputati. Il partito del presidente Macron recupera rispetto al disastro delle europee, ma comunque perde seggi. Il Nuovo Fronte Popolare supera il 29%. La partita è rimandata al ballottaggio domenica prossima.



Chiunque vada al Governo, trova un macigno sulla sua strada: la procedura d’infrazione per deficit eccessivo avviata dall’Unione Europea il 19 giugno scorso. La Francia è accompagnata da Belgio, Malta, Polonia, Slovacchia, Ungheria, ma soprattutto dall’Italia. Diciamo soprattutto non solo per il peso dell’economia italiana, ma perché i due Paesi sembrano avvinti a un destino parallelo anche in politica: se il RN vincerà, ci saranno due Governi di destra legati dai vincoli europei, costretti ad affrontare le decisioni della nuova Commissione che li vede all’opposizione.



La procedura è stata aperta perché il deficit di questi Paesi nel 2023 è stato più elevato del limite previsto del 3%, ma anche perché la deviazione non è stata “temporanea e limitata”, a differenza di quello che è successo, per esempio, a Spagna e Finlandia. L’Italia parte da un 7,4%, anche se il dato è gonfiato dall’impatto del Superbonus, la Francia dal 5,2%. Lo spread con il Bund tedesco cresce in parallelo, anche se quello italiano è a 157 punti base e quello francese a 76. I rendimenti in Italia arrivano al 4%, in Francia al 3,5%.

Se prendiamo i fondamentali economici, ci sono molte somiglianze e altrettante differenze. Entrambi i Paesi hanno aumentato in modo consistente il debito per contrastare la pandemia, la Francia è balzata dal 98% del Pil al 111,6%; l’Italia era già al 134%, è arrivata al 150%, poi è scesa al 137,3% grazie alla ripresa e all’effetto dell’inflazione, ma risale al 141,7% l’anno prossimo.



Sulla base degli ultimi dati disponibili (questa settimana arriveranno quelli ufficiali aggiornati), l’Italia è cresciuta dello 0,7% nel primo trimestre, la Francia dell’1,3%. L’inflazione italiana sale meno (0,8% a maggio) rispetto a quella francese (2,6%), la disoccupazione è attorno al 7% in entrambi i Paesi, ma i conti con l’estero dell’Italia sono nettamente migliori, con un avanzo della bilancia corrente pari a un punto di Pil, mentre la Francia registra un deficit dello 0,3%. L’afflusso dall’estero aiuta senza dubbio l’economia italiana, tuttavia il debito rende più caro il costo del denaro: 4% gli interessi medi sui Btp, 3,1% per i titoli decennali francesi.

Il Governo italiano ha presentato una politica di bilancio molto prudente. Jordan Bardella, il frontman lanciato da Marine Le Pen, farà i conti dopo la vittoria, ma rischia di creare un fardello molto pesante l’impegno di riportare a 60 anni l’età per il pensionamento (oggi è a 62 anni, Macron l’ha portata a 64 per i nati dopo il 1968, scatenando una vera rivolta). In più viene promesso di ridurre l’Iva sui carburanti e sulle bollette di luce e gas, con un costo stimato di 14 miliardi di euro. Un taglio di mezzo punto di Pil come previsto dal nuovo Patto di stabilità significa tra 10 e 12 miliardi di euro per l’Italia, mentre per la Francia sfiora i 15 miliardi. Nessuno dei due Paesi, dunque, ha margini sufficienti a realizzare le promesse del Governo in carica in Italia e di quello futuro in Francia.

La procedura d’infrazione richiede che il Paese corregga il disavanzo, adottando azioni significative entro sei mesi, ma con un percorso di aggiustamento che dura generalmente più anni, in media tra i 3 e i 5 anni, a seconda della gravità della violazione. In un dialogo serrato con il Paese, la Commissione definisce le correzioni da apportare al bilancio annualmente per rientrare dal deficit. 

Chi non si adegua può ricevere multe salate. In passato non è mai avvenuto, ma i mercati finanziari hanno sempre reagito richiedendo il pagamento di interessi più alti per acquistare i titoli di Stato. La multa peggiore, dunque, viene dallo spread. In più, oggi, potrebbe voler dire non accedere al Tpi (Transmission protection instrument) introdotto nel 2022. La Bce si impegna a intervenire, acquistando i titoli del Paese, se l’incremento dello spread non è giustificato dai fondamentali di mercato. Italia e Francia sono entrambi in lista d’attesa.

La Commissione non ha ancora proposto al Consiglio (che deve approvarlo) il processo di aggiustamento. A questo punto, probabilmente, non lo farà fino a ben dopo l’estate. La prossima manovra italiana parte con un fabbisogno di almeno 15 miliardi, che serviranno a finanziare anche per il 2025 la decontribuzione. Più la correzione dello 0,5% del Pil. Insomma, 25 miliardi di euro senza considerare altri eventuali interventi.

Molto dipende dalla trattativa politica con la nuova Commissione. Un eventuale voto in Parlamento a Ursula von der Leyen, nonostante il no di Giorgia Meloni all’accordo raggiunto senza il Governo italiano, potrebbe essere compensato con un ruolo importante al futuro commissario (e anche alla vicepresidenza dell’esecutivo comunitario), ma anche probabilmente con una maggiore flessibilità nel negoziato sulle nuove regole di bilancio. E qui le sorti di Roma e Parigi sono destinate a dividersi.

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