Papparappapà! Squillino le trombe, si schierino i figli ardimentosi della patria, sventolino le bandiere. L’Esercito chiama. Circolare dello stato maggiore con riferimento ai “noti eventi sullo scacchiere internazionale” allerta e chiede di rivalutare i congedi anticipati, alimentare al cento per cento i reparti, orientarsi al warfighting, che detto così è molto da film americano ma tradotto significa prepararsi a combattere. Inoltre, si specifica con dovizia di particolari, si provveda affinché siano raggiunti e mantenuti i massimi livelli di efficienza di tutti i mezzi cingolati, gli elicotteri e i sistemi d’arma dell’artiglieria. Tutto segretissimo, ad uso interno, e naturalmente diffuso urbi et orbi.
Immaginiamo le risate dell’ambasciatore russo e dei loro servizi, che sono segreti davvero, e le relative conseguenze approntate per i loro, di allerta, con conseguenti ritorsioni. “Documento di routine”, si spiega, a fronte delle polemiche immediatamente scoppiate soprattutto da quelle parti politiche use ai vessilli arcobaleno, salvo quando si tratti di innalzarli per Cuba, Venezuela, Russia e Cina. Ma tant’è, stavolta hanno ragione, a chiedere spiegazioni. Documento di routine? Che fa riferimento a eventi specifici sullo scacchiere internazionale, leggasi Ucraina? Che parla di warfighting? Sappiamo benissimo che stiamo fornendo armi ai soldati ucraini. Sappiamo benissimo che se non noi la coalizione di cui facciamo parte li sovvenziona, li arma e li addestra. Forse è inevitabile. Forse no. Forse c’era un’altra resistenza possibile, tipo spedire tutti i capi di Stato europei a Kyev, diciotto giorni fa, e pure il segretario di Stato Vaticano, sedersi a piazza Maidan con le telecamere accese e aspettare, digiunando a iosa. Sogni, utopie.
Ma Gandhi e Mandela hanno fatto così, e hanno avuto ragione loro. Dopodiché, poche ipocrisie: le armi l’Italia le ha sempre vendute e spedite, non c’è scenario di guerra che non ci abbia visto protagonisti, e pagando col sangue. Magari non giravano circolari dell’Esercito a mettere ansia ai cittadini, magari ci si infervorava di meno per la pace, quando le armi tuonavano dall’altra parte del mondo. Epperò. Non siamo affatto sicuri che questa inutile strage, questa follia improvvisa che sta contagiando con propositi bellicisti anche i più mansueti, non sbocchi in un conflitto che ci coinvolga direttamente.
Putin è pazzo, o è un lucido criminale. In entrambi i casi non ha nulla da perdere. E gli incidenti possono accadere eccome, su confini in ebollizione. Estote parati, è il motto dei boy scouts, che com’è noto sono pacifisti per statuto. Ma prepararsi significa anzitutto essere coscienti, e sapere che gli ucraini non sono soltanto più sfortunati di noi, per destino infausto. I nostri nonni ci dicono che la guerra è possibile, le nostre vite comode traballano al pensiero che abbiamo data per scontata la pace. Ai signori in stellette e mostrine dico umilmente che prepararsi significa anche essere accorti e prudenti. Anche nello scrivere e diffondere circolari improvvide.
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