Gentile direttore,
sulla sconfortante gestione e modalità informativa con la quale abbiamo appreso di essere nella parte da blindare del nostro paese, ha scritto sul Sussidiario Monica Mondo e ben poco resta da aggiungere, se non la piccola esperienza personale di ritrovarsi, quella sera, nell’alta Lombardia a casa di amici e scoprirlo quasi in tempo reale da internet. E fare come tanti: allertare i figli universitari, caricare l’auto e partire per tornare. Tratto autostradale A1 Milano-Fidenza quasi da esodo estivo…
Ritrovi così quella piccola parte di te di fantozziana memoria che pensavi aver sepolto nella razionalità del vivere.
Molto sta cambiando nel nostro modo di vivere, di concepire l’azione e la socialità e tutto in modo repentino, veloce… contagioso, costringendoci a una essenzialità e “riservatezza” quasi monastica.
Con sorpresa cominciamo quasi a sentire la mancanza di quei “riti”, anche obbligati, che tanto facevano la consistenza di noi stessi, dalle riunioni di lavoro a quelle del tempo libero (siano esse religiose o new age o fitness club eccetera) o il piacere delle due chiacchiere da apericena del venerdì (sì, proprio quelle di cui percepivamo la banalità) e magari rimpiangiamo quella frenetica corsa che erano le nostre giornate prima. Prima di cosa? Che quel virus arrivasse portando in sé quelle incertezze che da sole sgretolano le nostre apparenze.
Che strano, però, ci ritroviamo oggi, nel chiuso dei nostri affetti familiari o amicali, a usare i “social” finalmente per scriverci o dirci non più banalità, a usare quelle “terrificanti” chat da genitori della stessa classe o da colleghi di lavoro risentiti per chiederci un “come va?” o un “come stai?” che non ci siamo mai chiesti con tale profonda sincerità. Oppure rimpiangere quella classe di alunni svogliata o quello studente che ti guardava (se ti guardava) con sfrontatezza da farti arrabbiare, ma era lì con te, fisicamente presente e che adesso… lo vedi in video. O desiderare che ricomincino i rintocchi delle campane che chiamano a quel “precetto” domenicale tanto abitudinario, ma mai così rimpianto come adesso.
Pian piano forse iniziamo così a riscoprire quella verità profonda del nostro essere uomini e donne che si chiama “rapporto”, desiderio di rapporto, comunione.
Non ce lo stanno forse testimoniando con grande evidenza i medici, gli infermieri e tutte quelle persone in prima linea in questa battaglia? Il loro impegno e sacrificio è quantificabile solo in termini di “dovere” o professione? No, nei momenti delle avversità, dove tutto sembrerebbe essere messo in crisi, c’è un punto che riassume e riunisce, dove anche la paura non divide e la scienza non illude.
Adesso, per ciascuno, dalla propria casa o dall’azienda, nelle corsie degli ospedali o nelle decisioni della politica è questo il momento per la nostra” bella Terra” come fa dire Tolkien ad Aragon: “Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore. Ci sarà un giorno in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno! Ci sarà l’ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l’era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Quest’oggi combattiamo… Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella Terra vi invito a resistere!”.