Il giorno è arrivato. Oggi a Bruxelles i ministri degli Esteri dei Paesi europei daranno il via definitivo alla missione Aspides nel Mar Rosso, a difesa del traffico marittimo dal Golfo di Aden verso il canale di Suez, attraverso lo stretto di Bab-el-Mandeb e le acque agitate prospicienti lo Yemen, terra miseramente afflitta da carestie e fanatismi, da dove gli Houthi filoiraniani continuano i lanci di missili, droni, aerei ma recentemente soprattutto droni marini armati (gli USV, barchini superveloci kamikaze, senza pilota) contro petroliere, carghi, rinfusiere (e i navigli militari che tentano di proteggerli) che si trovano a portata. Con gittate e rotte di collisione presumibilmente stabilite e guidate grazie ai sistemi di rilevamento e tracciamento imbarcati su navi iraniane apparentemente innocue ma che non casualmente bordeggiano in zona. Prima tra tutte la Behshad, che pochi giorni fa è stata vittima di un cyberattacco Usa, pianificato proprio per oscurare il sigint operato da quell’unità.



Aspides (scudo) si baserà sul comando strategico basato in Grecia e su quello tattico, operativo, affidato all’Italia, cioè ad un contrammiraglio che guiderà la task force europea da bordo del cacciatorpediniere lanciamissili Caio Duilio (ma non molto distante navigano anche le fregate italiane Martinengo e Bergamini). “Sarà un’operazione piuttosto rischiosa, visto che gli Houthi continuano ad attaccare”, ha dichiarato un funzionario UE.



Dopo il via libera odierno, bisognerà censire l’arsenale messo a disposizione dai Paesi europei: per ora, oltre al Duilio, è nota la dislocazione della fregata tedesca Hessen, salpata giovedì scorso, una delle tre di classe F124 “Sachsen” in servizio nella Marina tedesca, navi multimissione, progettate per operazioni di scorta e controllo, armate con missili antiaerei SM2 che, lanciati dai sistemi Mk41 Vls, hanno una portata di oltre 160 chilometri. Il Belgio ha già annunciato l’invio della sua fregata Marie-Louise, classe Karel Doorman. Per la Francia è già in zona la fregata multimissione Languedoc, che lo scorso dicembre si è trovata pronta nella distruzione di due droni Houthi che l’avevano messa nel mirino. L’UE confida di poter disporre di almeno quattro unità direttamente operative, oltre a quelle di rinforzo, rifornimento e avvicendamento, con in più un ombrello aereo fornito dalle aviazioni militari degli stessi Paesi di Aspides, e con una indispensabile base logistica di prossimità, presumibilmente individuata a Gibuti.



Al di là dei confini della missione, Aspides sta per stabilire un primato di fuoco (anche se difensivo) per le forze armate europee, un capitolo evidente verso un denominatore comune, che potrebbe ottimizzare le risorse, rendendo obsolete anche le soglie d’ingresso stabilite dal Patto Atlantico (il 2% del Pil) per gli investimenti militari.

Non sarà davvero una missione semplice, anzi. Nella protezione a tiro ravvicinato le unità dislocate non sembrano vantare le stesse risorse della US Navy: nessuna ad esempio dispone del sistema Phalanx, basato su un’arma veloce, reattiva e automatica come l’M61 Vulcan aeronautico, con circa 3mila colpi al minuto, fondamentale per contrastare i velocissimi USV. La missione prevede una durata di un anno, salvo necessità diverse. Ma nelle cancellerie le domande oggi sono: dopo Gaza, cosa succederà? Che atteggiamento assumeranno gli Houthi, che alla guerra di Gaza hanno legato i loro attacchi? Le rotte del Mar Rosso resteranno ancora compromesse?

Nel recente report ISPI (Una scommessa globale: gli Houthi dello Yemen dopo Gaza) Ibrahim Jalal, del Middle East Institute, sostiene che “la fama degli Houthi dello Yemen è diventata globale a causa dei loro attacchi contro il commercio marittimo internazionale nel Mar Rosso. Il gruppo sta ora costruendo e vendendo il proprio marchio, con la propaganda dei media che raggiunge un pubblico arabo e islamico più ampio”. La lotta contro gli Stati Uniti e Israele è il fulcro della visione del mondo degli Houthi, che potrebbero infatti sfruttare la loro recente popolarità e i potenziali guadagni economici per lanciare nuove offensive verso l’area di Bab el-Mandeb o Marib ricca di petrolio e Shabwa ricca di gas. “In termini di reputazione e immagine, gli Houthi hanno guadagnato crescente attenzione, popolarità e accettazione nel mondo arabo e islamico. In particolare, l’inazione militare araba e islamica, così come la limitata comprensione di chi siano gli Houthi e delle dinamiche generali del conflitto nello Yemen, hanno contribuito in modo significativo al guadagno di reputazione degli Houthi. Diversi Paesi vedono opportunisticamente, anche se non ufficialmente, gli Houthi come un attore non statale che potrebbe intensificarsi a loro favore, soprattutto dato l’indiscutibile sostegno alla causa palestinese nel mondo arabo e islamico. Sul piano interno, i ribelli sostenuti dall’Iran hanno cercato di sfruttare la guerra in corso contro Gaza per migliorare il calo del sostegno pubblico dovuto al loro mancato pagamento degli stipendi o alla fornitura di servizi come autorità ribelle di fatto nel nord-ovest dello Yemen”.

Più o meno sulla stessa linea anche Eleonora Ardemagni, Senior associate research fellow: “Per gli Houthi l’asse di resistenza legato all’Iran non è più sufficiente: aprendo il fronte del Mar Rosso, hanno preso l’iniziativa della causa palestinese e dell’anti-americanismo nella regione. Si rivolgono ora a un pubblico islamico più ampio dell’asse guidato dall’Iran. In questo modo, gli Houthi stanno capitalizzando i tradizionali slogan e simboli anti-Israele e anti-USA della galassia iraniana, ma questa volta stanno anche aggiornando il loro status all’interno del campo di Teheran. L’avanzamento delle capacità militari degli Houthi non sarebbe stato possibile senza il sostegno iraniano: tuttavia, la loro postura incoraggiata e ancora autonoma potrebbe diventare problematica per l’Iran”.

Questo il contesto, dunque, che Aspides tenterà di contrastare, con l’adesione dei 27 d’Europa ma ancora con non moltissimi mezzi a disposizione, in una postura grigia alla quale purtroppo il Vecchio continente ha da sempre abituato.

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