Il Rapporto annuale 2020 dell’Istat è il racconto statistico di un paese che presentava persistenti fragilità e profonde fratture, rese ancora più evidenti e accentuate dall’emergenza prodotta dal Covid-19.

Non si tratta solo di stimare quanto è destinato a ridursi il prodotto interno lordo, ma anche quali settori, quali tipi di aziende, quali componenti sociali stanno pagando le conseguenze maggiori.



Al centro sta soprattutto il lavoro. Se manca per le nuove generazioni, difficilmente i giovani possono diventare economicamente autonomi dalla famiglia di origine e formare una propria famiglia. Chi ha meno di 35 anni fa parte di una generazione frenata nel processo di transizione alla vita adulta che il lockdown ha bloccato ulteriormente. Una generazione lasciata ai margini delle politiche pubbliche e nei processi di sviluppo del paese, che ora rischia di trovarsi ancor più indebolita. Una generazione con futuro sfuocato sul quale l’emergenza sta inserendo ulteriore incertezza, sui percorsi formativi, professionali e di vita. I dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo, raccolti proprio durante l’apice del lockdown, già mostravano un impatto maggiore dell’emergenza sul lavoro dei giovani italiani e sulle loro prospettive rispetto ai coetanei europei.



I dati del Rapporto annuale Istat aggiungono soprattutto un preoccupante deterioramento della mobilità sociale italiana, conseguenza dell’indebolimento della scuola come fattore di riscatto e promozione, ma anche della carenza di politiche attive che consentano ai nuovi entranti di trovare la miglior collocazione nel mondo del lavoro. Ma manca più in generale un piano di sviluppo del paese con alla base un’idea diversa di produzione di benessere, in coerenza con le sfide di questo tempo e con le nuove sensibilità e competenze di cui le nuove generazioni possono essere portatrici.

L’esito è un paese che fa fatica a trovare il proprio percorso solido di crescita, allo stesso tempo causa e conseguenza delle difficoltà dei giovani ad acquisire un proprio ruolo nei processi di sviluppo del paese. Ecco allora che l’ascensore sociale per i figli del ceto medio, non solo non sale più, non solo risulta bloccato, ma mostra anche primi segnali inquietanti di discesa.



Un aspetto positivo che il Rapporto annuale ha evidenziato è stata la capacità di reazione del paese durante l’emergenza, con spirito di compattezza di fronte ad una prova comune. Ma superata la fase di difesa a ranghi serrati serve ora un piano di attacco, non tanto nei confronti di un nemico ma rispetto ad un futuro collettivo migliore da conquistare assieme. Ma anche qui serve una visione in grado di superare le divisioni e capace di integrare il miglior contributo di tutti. Un paese diviso, che allontana giovani da anziani, Sud da Nord, donne da uomini, immigrati da autoctoni, farà sempre più fatica a crescere e vedrà le diseguaglianze sempre più ampliarsi. L’emergenza causata da Covid-19 deve essere l’apice del riconoscimento delle proprie fragilità di un paese che si impegna a costruire un destino diverso.

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