Il Financial Times accende i riflettori sull’Italia e sulla gestione del Pnrr, il giudizio del giornale economico è allarmistico. “Anche prima che l’Italia ricevesse la prima tranche del suo pacchetto di sovvenzioni e prestiti da 191,5 miliardi di euro nell’ambito del Recovery and Resilience Facility dell’UE, c’erano dubbi sulla sua capacità di utilizzare in modo efficace la liquidità inaspettata. Roma ha costantemente speso poco e non è riuscita a fare buon uso dei fondi UE”, ha esordito il FT, rimarcando che al ritmo attuale potrebbe finire per spendere solo un quarto della sua dotazione totale – la più grande di qualsiasi altro destinatario – entro la scadenza di metà 2026 di Bruxelles. E tutto ciò rappresenterebbe un’enorme opportunità sprecata: “Roma non è riuscita a tenere il passo con il calendario concordato. Inizialmente l’Italia avrebbe dovuto spendere poco più di 40 miliardi di euro entro la fine del 2022: secondo Capital Economics, ne ha gestiti meno del 60%. La maggior parte dei fondi è stata destinata agli incentivi fiscali per l’edilizia e la digitalizzazione, che lo scorso anno hanno sostenuto l’economia italiana. Ma la spesa per progetti di investimento effettivi è stata finora modesta”.



Il Financial Times bacchetta l’Italia

Nel corso della sua analisi, il Financial Times ha sottolineato il ritardo nel pagamento dell’ultima tranche da parte di Bruxelles, ponendo l’accento su problemi gestionali, costi elevati e carenza di lavoratori e materiali. Ma non è tutto, per il Ft il passaggio dal governo Draghi a quello Meloni non ha aiutato: “Il primo ministro Giorgia Meloni e i suoi alleati affermano che il piano ereditato da Draghi era difettoso. C’è del vero in questo […]L’unico modo in cui l’Italia potrebbe completare il suo piano originale sarebbe se la Commissione Europea prorogasse la scadenza. Sembra improbabile. La revisione del piano ha più senso. Il governo Meloni ha già inviato “correzioni” a Bruxelles che cancellano alcuni investimenti pubblici, anche per il rinnovamento urbano, e reindirizzano i fondi verso le infrastrutture energetiche e i crediti d’imposta verdi per imprese e famiglie. Incanalare una maggiore spesa verso queste aree attraverso il settore privato è sensato, ma la cancellazione degli investimenti pubblici tanto necessari in infrastrutture fatiscenti sarebbe un duro colpo”. E ancora, secondo il Financial Times il premier Meloni vuole annacquare alcune riforme strutturali, come il miglioramento dell’efficienza del settore pubblico, l’incremento della concorrenza e gli obiettivi per ridurre gli arretrati giudiziari e l’evasione fiscale: “Rimangiarsi queste promesse sarebbe un errore: l’incapacità dell’Italia di spendere ed elaborare i fondi UE deriva da molte delle sfide che le riforme cercano di affrontare”.

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