Mentre cresce l’attesa per scoprire quali saranno gli annunci della Bce sulla mosse che intraprenderà nei prossimi mesi, dato che si dà ormai per scontato un rialzo dei tassi di 50 punti base come esito della riunione del Consiglio direttivo in programma il 16 marzo, l’Istat ha rivisto la stima sulla crescita del Pil nel 2022 dal 3,9% al 3,7%.
Difficile capire come potrà chiudere il Pil quest’anno, visto che il Fmi ha previsto un +0,6%, in linea con il Governo, la Commissione europea un +0,8%, mentre Moody’s un +0,3%. Quel che è certo è che occorre fare il possibile per spingere la crescita. Secondo Mario Deaglio, Professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, «innanzitutto bisognerà puntare sul Pnrr, accelerando quanto più possibile l’effettiva messa a terra degli investimenti programmati».
Cos’altro si potrebbe fare per far salire il Pil?
Si potrebbero prevedere degli incentivi per gli investimenti delle imprese e per favorire aggregazioni tra le stesse qualora non riuscissero a effettuarli da sole. In questo processo si potrebbe forse pensare di coinvolgere anche il sistema bancario, che ha realizzato dei profitti e con il rialzo dei tassi sta tornando ad avere ricavi: queste risorse potrebbero essere impiegate in determinate aziende o settori in modo da dare un rendimento nel medio lungo termine con una ragionevole protezione per le stesse banche.
Occorrerà, quindi, evitare che le banche debbano essere chiamate a utilizzare quelle risorse per acquistare Btp.
Sì, anche perché la Bce proprio a partire da questo mese ridurrà i riacquisti netti dei titoli di stato detenuti che giungono a scadenza. E sappiamo anche che per il Tesoro c’è una grande mole di debito da rifinanziare.
Si potrebbero aumentare le emissioni di Btp Italia rivolte ai piccoli risparmiatori domestici?
Sì, ma occorre fare in modo che sia un’operazione di investimento per avere un rendimento e non una sorta di atto di patriottismo dei piccoli risparmiatori.
Sembra che la Bce quest’anno possa mettere in atto una stretta monetaria significativa. Questa potrebbe ottenere l’effetto di rallentare l’economia senza, però, far scendere l’inflazione?
Purtroppo c’è questo rischio. Contro un’inflazione cha ha una natura particolare e diversa da quella americana, in Europa si stanno utilizzando rimedi che potrebbero fermarla solo temporaneamente oppure avere effetti collaterali indesiderati. Io credo occorra agire anche per evitare una spaccatura sociale.
In che modo?
Tramite una forte redistribuzione dei redditi. C’è un’accumulazione impressionante in poche migliaia di persone di profitti e redditi da capitale che ha conseguenze sociali importanti. E ho trovato giusta la scelta italiana di tassare gli extraprofitti delle imprese energetiche finalizzata al finanziamento di misure contro il caro energia per le fasce più deboli. Ovviamente per fermare l’inflazione è anche importante agire sul fronte energetico per evitare che ci sia una nuova impennata dei prezzi con ricadute negative su altre componenti del paniere. In tal senso bisogna anche riconoscere che nell’inverno che sta per concludersi il meteo ci ha dato una grossa mano.
Come vede, invece, l’Europa dal punto di vista economico un anno dopo l’inizio della guerra in Ucraina?
L’Europa ha tenuto e non era scontato. Non c’è stata la crisi che persino la Presidente della Bce Lagarde, all’inizio dell’autunno, pronosticava. Più che altro ciò dimostra, insieme alle stime così diverse tra loro delle ultime settimane, che gli strumenti utilizzati per effettuare le previsioni sono poco adatti a un mondo che è cambiato. Ciò non toglie che se cambiassero radicalmente alcuni parametri la crisi potrebbe arrivare. Indubbiamente lo scenario globale sta mutando, i grandi flussi commerciali con l’Asia non hanno la tendenza ad aumentare, ma, anzi, forse a diminuire. Sarà importante anche capire se ci saranno nuove infrastrutture per l’approvvigionamento energetico europeo: il Mediterraneo sud-orientale è ricco di gas.
Cosa pensa, invece, di quanto poi emerso dal Consiglio europeo del mese scorso chiamato a decidere sulla risposta all’Ira degli Stati Uniti?
Penso che ci sia una grande confusione e non ci sia ancora un consenso molto ampio tra i Paesi europei sulla strada da intraprendere. Dovremo, quindi, attendere il nuovo vertice di fine mese per capire se si arriverà a una vera decisione sulla strategia da adottare. Molto dipenderà anche da come evolverà il contesto esterno, in particolare la guerra in Ucraina.
(Lorenzo Torrisi)
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