Caro direttore,
alla vigilia del nuovo round dell’Eurogruppo sugli aiuti finanziari per l’emergenza, il premier Giuseppe Conte ha rilasciato nell’arco di ventiquattr’ore tre interviste a media non italiani (due non-Ue).
La prima – mercoledì pomeriggio live all’edizione online del quotidiano tedesco Bild – ha avuto forte risonanza in Italia per un’affermazione: “L’Europa batta un colpo e sia all’altezza della sfida altrimenti dobbiamo abbandonare il sogno europeo e dire che ognuno fa per sé”. La comunicazione di palazzo Chigi ha dovuto precisare in corsa una prima raffica di flash di tenore più secco (“Conte: ammorbidire le regole o faremo senza la Ue”, ha titolato ad esempio ilsole24ore.com)
La seconda è uscita sulla prima pagina dell‘Osservatore Romano – quotidiano della Santa Sede – a poche ore dalla ripresa di lavori dell’Eurogruppo. Il titolo (“L’Europa sia forte e solidale di fronte all’emergenza”) trova in realtà limitato riscontro nella lunga conversazione con Alessandro Gisotti, direttore ad interim della Sala Stampa vaticana. Conte cita un solo leader del continente (il premier albanese Edi Rama, fuori dall’Ue) e si dilunga invece in richiami ampi al magistero di Papa Francesco in campo socioeconomico.
La terza intervista è stata data alla BBC, la tv pubblica britannica. Il Premier italiano non ha aggiunto novità rispetto agli appelli alla Ue perché superi l’impasse politico-finanziaria, cogliendo invece l’occasione per una sottolineatura. A proposito della controversa presenza in Italia di una missione militare russa con scopi ufficialmente umanitari, Conte ha respinto ogni “sospetto”: “Sarebbe un’offesa per il popolo italiano e anche per il presidente Putin”.
Il tris di interviste sembra confermare anzitutto quanto l’emergenza-coronavirus stia accentuando dimensioni geopolitiche della premiership Conte già rilevanti prima della pandemia e dell’ennesimo stallo Ue.
Le tensioni con l’Europa possono sembrare a prima vista sorprendenti per un esecutivo nato, pochi mesi fa, letteralmente nel nome dell’Europa a guida tedesca e attraverso l’espulsione esemplare della Lega dalla maggioranza. Diventano invece meno paradossali, le frizioni con Bruxelles e i grandi partner europei, quando si constati invece che durante i 22 mesi di governo Conte 1+2, l’Italia non ha registrato alcun progresso nel rilancio dell’economia e nel risanamento delle finanze pubbliche. Il Premier che invoca con toni drammatici e perentori la solidarietà finanziaria europea nell’occasione (indubitabile) della pandemia, agli occhi di Bruxelles e Berlino è lo stesso indicato per due volte a palazzo Chigi da M5S: partito del populismo assistenzialista, non meno originariamente anti-Ue della Lega.
Per l’Europa di “Orsola” von der Leyen Conte e i voti pentastellati sono stati nella seconda metà 2019 un utile taxi nel turbolento post-voto europeo. Ma – com’è stato significativo anche sul delicato versante migratorio – l’Ue non è affatto più “solidale” con l’Italia perché a Roma governa una maggioranza M5S-Pd-Lei-Iv. L’Italia resta quella oggetto – appena dieci mesi fa – di una procedura d’infrazione per alto debito: e a palazzo Chigi c’era già Conte, che aveva firmato una legge di stabilità zavorrata dal reddito di cittadinanza e priva di impegni minimi sul fronte del debito.
Il Premier italiano denota d’altronde una buona consapevolezza della situazione quando mostra una classica “faccia feroce” in una rapida trasferta mediatica in Germania ed esibendo allo stesso tempo importanti orientamenti geopolitici fuori dal perimetro dell’Unione. La Gran Bretagna è la grande potenza europea che ha appena deciso di “fare a meno della Ue”. E Londra è tuttora la principale piazza finanziaria europea, condividendo ancora con Wall Street una sorta di duopolio globale.
La Santa Sede – sotto la guida di un Pontefice non europeo come Francesco – si sta invece distinguendo per un forte dinamismo sullo scacchiere internazionale. L’apertura verso l’universo cinese è solo uno dei tratti caratteristici di questa stagione: che segnala anche tendenziale sfiducia nell’interpretazione tecnocratica della politica, e decisa contrarietà alle diseguaglianze socioeconomiche prodotte da una globalizzazione puramente mercantile. Né l’Europa merkeliana, né l’America trumpiana – nella visione di Papa Francesco – sono leadership promettenti per ricostruire in modo più equo e sostenibile la vita umana sul pianeta. Sembra almeno questa, in estrema sintesi, l’agenda geopolitica corrente della Santa Sede, coerente con l’impegno pastorale del capo della Chiesa cattolica. Ed è una leadership verso cui Conte non perde occasione per mostrare feeling, venendone puntualmente ricambiato. Non può destare sorpresa che in un passaggio geopolitico senza precedenti, il Premier italiano sembri seguirne le orme: in una traiettoria di politica estera che in altri tempi sia sarebbe detta di “non allineamento” rispetto ai grandi blocchi.