Ursula von der Leyen avrebbe potuto fare a meno, nel giugno scorso, di utilizzare un jet privato anti-ecologico e anti-economico jet per coprire 50 chilometri fra Vienna e Bratislava. La Presidente della Commissione Ue era in missione istituzionale, ma a poco più di cento giorni dalla COP-26 di Glasgow il rischio di finire pubblicamente nel mirino del Greta-people era alto.



E si è puntualmente materializzato nei giorni scorsi, in un momento delicatissimo per gli equilibri politico-istituzionali a Bruxelles e  nell’intera Unione. Anzi, “l’incidente aereo” è divenuto simbolico di una vera e propria crisi dell'”esecutivo Ursula”: ben più importante del cosiddetto “governo Orsola” in Italia, cioè il Conte-2 defunto da un pezzo.



La Commissione entrata in carica dopo l’eurovoto del maggio 2019 ha avuto vita travagliata fin dal suo parto. Basti ricordare che von der Leyen – ministro della Difesa dello scorso Governo di grande coalizione in Germania – non ha potuto ricevere in Consiglio Ue il voto della sua cancelliera. Angela Merkel ha dovuto astenersi per la contrarietà alla ministra Cdu da parte del partner di governo Spd: il partito che sei settimane fa ha vinto le elezioni politiche tedesche. Ora il leader socialdemocratico Olaf Scholz sta formando un Governo con Verdi e Fdp, lasciando all’opposizione la Cdu dopo 16 anni di regno-Merkel. Non sorprende che “Ursula” abbia subito iniziato a vacillare a Bruxelles.



Dall’estate di due anni fa – quando a von der Leyen servirono perfino i voti degli eurodeputati M5S per ottenere la fiducia a Strasburgo – tutto è intanto cambiato in Europa: e non solo per l’uragano Covid che ha imposto un mega Recovery Plan da 750 miliardi di euro. Mentre la revisione della governance economico-finanziaria è stata rinviata, è maturata la Brexit e si sono acuite le tensioni con i Paesi dell’Est (Polonia e Ungheria). Il Presidente francese Emmanuel Macron ha speso quasi tutto il suo mandato senza poter varare riforme che fronteggiassero le tensioni sociali interne e – non da ultimo – alla guida del Governo italiano è approdato l’ex presidente della Bce, Mario Draghi. Tutto questo in uno scenario geopolitico sconvolto e inesplorato, dopo l’affermazione di Joe Biden su Donald Trump e l’involuzione della leadership di Xi Jinping in Cina.

Su questo sfondo il “Governo Orsola” pare davvero già obsoleto: “unfit” a governare un’Europa invecchiata nei suoi Trattati di Maastricht, divisa al suo interno e premuta dall’esterno da nuove minacce alla sua stessa sicurezza. E certamente non stupisce che gli osservatori internazionali prendano in considerazione uno scenario inedito, finora fuori dal novero delle possibilità in una Ue tecnocratica: una crisi politica di “midterm” a Bruxelles. Un rimpasto pilotato della Commissione – a cominciare dal suo Presidente, una volta che il nuovo Governo “semaforo” si sarà insediato a Berlino (entro Natale). E una volta che, il prossimo aprile, la Francia deciderà o meno se confermare Macron all’Eliseo. Nel frattempo in Italia si sarà sciolto il nodo-Quirinale, cioè il futuro di Draghi (che sarà largamente deciso dal medesimo). 

L’olandese Jens Timmermans – socialista olandese già prima scelta di Merkel nel 2019 – sembra in “pole position” a Bruxelles, nel suo ruolo di primo vicepresidente vicario con la delega al NextGenerationEu (transizione ecologica e digitale). Ma una sua ipotetica promozione potrebbe risultare secondaria se il “rimpasto” dell’eurocrazia prevedesse in via principale l’approdo della Merkel alla Presidenza del Consiglio Ue, al posto del belga Charles Michel.

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