La problematica degli italiani all’estero è anche dovuta al fatto che esistano delle strutture in questo ambito che ormai non hanno alcun valore specifico nella questione, operando più come potentati che come entità specifiche utili alla causa. A questo punto viene da domandarsi a cosa servano e per questa ragione abbiamo chiesto all’ex sottosegretario nei Governi D’Alema, Amato e Prodi 2 (in quest’ultimo come Viceministro) Franco Danieli di chiarire lo stato delle cose.
La Cgie (Conferenza generale degli italiani all’estero e i Comites costituiscono due istituzioni validissime, sulla carta, ma che nell’arco degli anni si sono prestate al servizio di giochi quanto mai poco chiari operati da membri di due presunti movimenti di italiani all’estero (che però sono dei veri e propri partiti) nelle cui fila l’italiano è spesso questo sconosciuto quando addirittura non potrebbero nemmeno occupare posti, per esempio, nella Cgie. Cosa si potrebbe fare per cambiare questi due organi, che si sono trasformati in due mercati per affari anche molto strani operati dai ” movimenti” sopra citati?
Comites e Cgie sono stati due strumenti preziosi nell’immediato periodo nel quale furono costituiti, ma alla fine abbiamo visto come ci sia una riduzione della partecipazione dei rappresentanti dei Comites, elemento a riprova dell’oggettivo distacco determinato dal passare del tempo (anni, decenni ma anche secoli) degli italo discendenti dalle istituzioni rappresentative italiane. Inoltre, va evidenziato che ambedue le organizzazioni sono diventate, in diversi casi, delle strutture sclerotizzate, luoghi di esercizio di piccole velleitarie idee di rappresentanza di qualche “ras” locale. In qualche caso, però, va anche detto che alcuni soggetti hanno costruito in questo una loro vita non solo politica, ma anche professionale: conosco persone che sono da decenni presenti nel Cgie, vanno e vengono un po’ in giro per il mondo e che sono Presidenti o rappresentanti dei Comites con un’attività che poi di fatto non viene svolta. Elementi su cui sarebbe opportuno riflettere anche se c’è da dire che sotto questo Governo sono state tagliate le risorse economiche a disposizione, fatto che ne limita la sopravvivenza.
Ma poi questi organi intervengono anche sulla questione del “turismo di ritorno”…
Trovo grandemente ridicolo che, nella questione del “turismo di ritorno”, non siano state valorizzate associazioni dell’emigrazione italiana, ossia quelle che veramente mantengono ancora in maniera vitale i rapporti con gli italo discendenti delle diverse regioni. Strutture queste che funzionano, perché il più delle volte sono sostenute da Regioni o Province, quindi hanno la possibilità reale di mantenere il collegamento dei discendenti con le terre d’origine. C’è stata una ridicola scelta di individuare artificiosamente degli “esperti” regionali per coordinare non si sa bene che cosa, gente che il più delle volte non aveva nessuna specifica competenza in ambito migratorio e che non ha nessun rapporto con le strutture: siano esse istituzionali o rappresentative. Quindi, un aspetto ulteriore della pochezza progettuale del cosiddetto progetto. Vedo che su questo c’è una corsa forsennata di soggetti, più o meno approssimativi, nel cercare di accaparrarsi le risorse: la mia sensazione è che avremo pochi turisti “di ritorno”. Salvo a quelli ai quali si dirà “Signori: vi paghiamo tutto, potete venire qui una settimana o dieci giorni lì”. Beh, quelli verranno, ma per il resto non credo che ci sia una corsa a utilizzare questo meccanismo, che credo non si tradurrà né in una valorizzazione dei luoghi di origine, né tanto meno in una velleitaria ipotesi di ripopolamento dei borghi.
Il tutto mentre le nostre sedi consolari sono intasate da richieste di cittadinanza.
L’elemento che ritengo ridicolo di tutta questa partita è che nel contempo il ministero degli Esteri si lamenta per i tempi che sono necessari per esaminare le richieste di cittadinanza italiana e dall’altro, invece, tra gli obiettivi promossi, allo stato attuale, dal “Turismo di ritorno”, c’è l’assistenza agli italo discendenti o ai potenziali tali nella ricostruzione del loro status attraverso le ricerche presso gli archivi delle anagrafi comunali oppure, oltre una certa data, di quelli parrocchiali. Saranno molto contenti i Sindaci, che sono già in una chiarissima carenza di organico, nel sapere che ci sarà qualcuno che andrà li a dire di ricostruire se tizio aveva un trisavolo che nel 1800 era nato in quel Comune. Sai che divertimento! Probabilmente se all’estero ci vogliono 3-4 anni per questa attività, in Italia ne passeranno dieci. C’è anche da aggiungere che mi trovai a trasmettere, una delle volte che sono stato al Governo, alla Procura della Repubblica una serie di documentazioni che riguardavano le attività svolta da parte di alcuni soggetti (le tante agenzie… che richiedono un sacco di soldi ) che operano per le ricerche di discendenza, in qualche caso anche ricorrendo a dei falsi: come quello di alcuni calciatori valutati ai fini di ingaggi importanti in alcune squadre di calcio importanti.
(Arturo Illia)
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