Ius scholae sì o no? Il tema che sta facendo discutere all’interno della maggioranza è diventato argomento di scontro anche di fuori del mondo della politica. Antonio Tajani, leader di Forza Italia, continua a ribadire l’importanza di concedere la cittadinanza a chi frequenti la scuola nel nostro Paese: in particolare, il testo alla Camera prevede che le persone che arrivino in Italia prima del compimento dei 12 anni, possano diventare cittadini nel caso in cui frequentino per almeno 5 anni le scuole nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici.
Se Tajani è convinto dell’importanza di un cambio di rotta nella legge, non è lo stesso per Matteo Salvini: il tema sta portando ad un acceso scontro all’interno della maggioranza per una diversa visione. Sulle pagine de Il Giornale, Alessandro Gnocchi analizza la questione: “Prima di parlare di ius scholae, è opportuno parlare di Schola. Non possiamo infatti dare per scontato che la scuola sia in grado di formare cittadini, nonostante il generoso impegno di chi ci lavora quotidianamente”. Proprio per questo motivo, secondo il giornalista non si può ridurre “l’integrazione al conseguimento di un titolo di studio”.
Ius scholae, “il famoso pezzo di carta non risolverà la questione”
Secondo Alessandro Gnocchi, che ne parla sulle pagine de Il Giornale, “l’educazione, inclusa questa civica, è complicata e non sarà il tristemente famoso “pezzo di carta” a risolvere la questione”. La scuola ha numerosi problemi e, a detta del giornalista, in alcune classi il numero di studenti stranieri è così alto che anche l’insegnamento della lingua italiana è complesso.
Gnocchi ne fa poi una questione di valori, compresi quelli cristiani (nonostante il nostro sia un Paese laico). “La cronaca è impietosa: la chiusura per il ramadan, il crocifisso rimosso, il Natale inclusivo che esclude Gesù. Come si può pensare di trasmettere la nostra cultura se noi stessi mostriamo di rifiutarla o addirittura di vergognarcene?”.