La Chiesa si schiera dalla parte dello Ius Scholae, la proposta di legge in esame alla Camera che prevede di dare la cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri oppure arrivati entro il compimento del dodicesimo anno di età che abbiano frequentato regolarmente gli istituti scolastici del nostro Paese per almeno cinque anni, in uno o più cicli di studio. A trattare il tema ai microfoni di Ansa è stato Monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni del CEI e Presidente della Fondazione Migrantes.
“La riforma della cittadinanza con lo Ius scholae va incontro alla realtà di un Paese che sta cambiando. Spero che le ragioni e la realtà prevalgano rispetto ai dibattiti ideologici per il bene non solo di chi aspetta questa legge ma anche dell’Italia che è uno dei Paesi più vecchi”, ha detto. L’esponente clericale ha sottolineato in tal senso come sia arrivato il momento di attuare un cambiamento che si rinvia da troppo tempo
Ius Scholae, la Chiesa si schiera: il parere di Mons. Perego
Monsignor Gian Carlo Perego, ai microfoni di Ansa, ha ribadito la necessità di ottenere adesso il via libera allo Ius Scholae. “La Chiesa italiana continuerà a sostenere questo tipo di linea che legge una realtà che già c’è, la politica deve prenderne atto. Non ha senso affermare che ora ci sono altre emergenze perché questo tema non esiste da oggi ma da almeno quindici anni. Ora spetta alla politica fare uno scatto e uscire dalla ideologia”, ha detto.
Le famiglie, gli studenti e i lavoratori migranti, infatti, in questo periodo storico sono una parte integrante della società. Si parla di cinque milioni e mezzo di persone. “Non si tratta di mettere in contrapposizione lo Ius scholae allo Ius sanguinis che tutela soprattutto i nostri emigranti all’estero. Ma di tutelare e riconoscere una presenza e una risorsa importante sul piano scolastico e lavorativo, per costruire il futuro del Paese. Se le persone non partecipano alla vita delle città, se non vengono riconosciuti cittadini, rischiano di non sentirsi parte del Paese”, ha concluso.