Il farmaco Ivermectina funziona contro il coronavirus? Uno studio retrospettivo su 173 pazienti affetti da Covid-19 trattati con questo antimalarico (la cui scoperta è valsa un premio Nobel) in quattro ospedali della Florida ha prodotto una riduzione del 40% della mortalità rispetto al gruppo di controllo. La percentuale sale al 52% nei casi dei pazienti con gravi malattie polmonari. I pazienti che invece mostravano uno stato di ossigenazione in rapido peggioramento hanno mostrato prima una stabilizzazione delle loro condizioni e poi un miglioramento nell’arco di 1-2 giorni. Lo studio in questione, pubblicato sul Social Science Research Network, suggerisce dunque che dosi più elevate di Ivermectina potrebbero produrre benefici clinici nettamente superiori. Sono stati infatti condotte altre ricerche da cui è emerso che dosi fino a 10 volte superiori a quelle usate nello studio condotto in Florida sono state ben tollerate. L’efficacia di questo farmaco potrebbe essere legata ad una somiglianza tra il Covid-19 e la malaria. Riguarda il recettore CD147 che si lega a Sars-CoV-2 proprio come fa per RBC e proprio come ACE2.



IVERMECTINA, ANTIMALARICO CONTRO COVID? LO STUDIO

I ricercatori hanno usato meplazumab, un anticorpo monoclinale umanizzato, contro il recettore CD147 per trattare 17 pazienti affetti da Covid-19, di cui 6 in gravi condizioni e 7 in condizioni critiche. Sono emersi miglioramenti significativi. I casi analizzati sono ovviamente pochi per giungere ad una conclusione, ma sono dati significativi per proseguire con gli approfondimenti, anche perché il legame tra il recettore CD147 e il virus Sars-CoV-2 potrebbe spiegare proprio l’impatto che Covid-19 ha a livello sanguigno. Il loro legame può infatti provocare un’ostruzione del flusso sanguigno e creare quindi problemi vascolari. Peraltro, dallo studio in questione è emerso che la velocità di flusso del sangue è molto più elevata nei giovani rispetto ai soggetti più anziani. Considerando il fatto che il legame tra CD147 e Sars-CoV-2 crea delle aggregazioni pericolose (ostruzioni, coaguli) quando il flusso sanguigno è più lento, si deduce il motivo per il quale i malati con età più alta hanno conseguenze più gravi. Visto che il farmaco Ivermectina interviene in questi meccanismi, gli studiosi ritengono che somministrato ad alte dosi sia in grado non solo di interrompere il legame tra la proteina spike e il recettore CD147, ma anche bloccare il legame con ACE2.

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