L’ivermectina non serve a curare il Covid-19. Il farmaco antiparassitario, diventato popolare come trattamento alternativo per curare il virus, nonostante la mancanza di ricerche a sostegno della tesi, non allevia in realtà la malattia, come spiega un ampio studio clinico. La ricerca del gruppo TOGETHER ha confrontato i casi di più di 1.300 persone positive al Covid in Brasile. I pazienti hanno ricevuto ivermectina o placebo: non sono stati notati cambiamenti significativi dopo l’assunzione di uno o l’altro. “Non c’è davvero alcun segno di beneficio”, ha affermato il dottor David Boulware, professore di malattie infettive presso l’Università del Minnesota.



Lo studio, pubblicato sul National Institutes of Health, non mostra dunque miglioramenti nei pazienti “curati” con Ivermectina. “Ora che le persone possono immergersi nei dettagli e nei dati, si spera che ciò allontani la maggior parte dei medici dall’ivermectina verso altre terapie”, ha affermato il dottor Boulware. L’anti-parassitario è balzato alla cronaca nel corso della pandemia da Covid-19: secondo molti, infatti, poteva essere utilizzato come cura alternativa per il virus. Molti medici hanno iniziato a prescrivere l’ivermectina per curare il Covid-19, nonostante l’avvertimento della Food and Drug Administration.



Ivermectina non cura il Covid: la ricerca

Dopo il largo utilizzo dell’Ivermectina da parte di medici di tutto il mondo, i ricercatori hanno iniziato a condurre studi clinici per capire se il farmaco curasse davvero la malattia. Nello studio pubblicato sul National Institutes of Health, i medici hanno somministrato ivermectina tra marzo e agosto 2021 a 679 pazienti, nel corso di tre giorni. I risultati sono stati chiari: l’assunzione dell’anti-parassitario non ha ridotto il rischio di ospedalizzazione. Non solo il farmaco non ha avuto benefici, ma lo studio ha mostrato come i volontari che hanno assunto ivermectina nei primi tre giorni dopo il test positivo, abbiano avuto risultati clinici peggiori rispetto a quelli del gruppo placebo.



Il dottor Paul Sax, esperto di malattie infettive al Brigham and Women’s Hospital di Boston, non coinvolto nello studio del gruppo TOGETHER che ha condotto la ricerca in questione, ha condiviso il punto di vista del dottor Boulware. “Accolgo con favore i risultati degli altri studi clinici e li guarderò attentamente. Ad un certo punto diventerà uno spreco di risorse continuare a studiare un approccio poco promettente” ha confermato. Dunque, i medici concordano sull’inutilità di continuare a studiare un farmaco che non aiuta nella cura del Covid.