Emerge online l’ultima conversazione di Jamal Khashoggi, il giornalista del Washington Post ucciso nel consolato saudita di Istanbul lo scorso 2 ottobre. Come riferisce il sito di Dagospia, si tratta di una conversazione catturata da alcune cimici nascoste all’interno dell’edificio, che testimoniano gli ultimi atti in vita del povero collega della carta stampata. A trascrivere integralmente la registrazione è stato il quotidiano turco Sabah, e la prima parte della conversazione rivela la chiacchierata fra Maher Abdulaziz Mutreb, ufficiale considerato molto vicino al principe ereditario Mohammed bin Salman, e il dottor Salah Muhammed Al-Tubaigy, capo della Forensic Evidence presso il dipartimento di sicurezza generale saudita, nonché colui che avrebbe dovuto far sparire il corpo di Khashoggi, smembrandolo.
JAMAL KASHOGGI: LE ULTIME SUE PAROLE
«È possibile mettere il corpo in una borsa?» domanda Mutreb, e Al-Tubaigy risponde: «No. Troppo pesante, anche molto alto. Ho sempre lavorato su cadaveri. So tagliare molto bene. Tuttavia non ho mai lavorato su un corpo caldo, ma ci riuscirò facilmente. Di solito mi metto le cuffie e ascolto la musica quando faccio a pezzi i cadaveri. Dopo averlo smembrato, avvolgerai le parti in sacchetti di plastica, le metterai in valigie e le porterai fuori dall’edificio». Quindi si sente Mutreb conversare proprio con Kashoggi; il primo dice al secondo di scrivere un messaggio al figlio, avvisandolo che sta bene e di non preoccuparsi. Peccato però che il giornalista del Washington Post si opponga: “Scrivilo, signor Jamal – replica quindi Mutreb – sbrigati. Aiutaci affinché possiamo aiutarti, perché alla fine ti riporteremo in Arabia Saudita e se non ci aiuti saprai cosa accadrà alla fine”. Dopo un po’ Kashoggi viene drogato, e i suoi aguzzini gli mettono un sacchetto in plastica in testa. «Ho l’asma. Non farlo, mi soffocherai» le ultime parole Khashoggi. Alle 13:39, dopo che il giornalista era morto, si sente la motosega che andrà avanti per mezz’ora a smembrare il corpo.