Una vita spericolata e godereccia quella dell’ex pilota della Formula 1 James Hunt, la cui storia e in particolare l’amicizia-rivalità con Niki Lauda saranno oggi raccontate dalla pellicola Rush, diretta da Ron Howard e in programmazione oggi in prima serata su Rai 3. La storia e la vita del pilota inglese, scomparso nel 1993 a 45 anni per un infarto, dunque torna sotto ai riflettori, con un film che certo, pur vivacizzando alcune note del carattere , pure ci propone una visione abbastanza realistica del personaggio pubblico di James Hunt, tra imprese spericolate in pista, atteggiamenti apertamente anticonformistici e una carriera pure da latin lover. Soprannominato Hunt the Stunt, ovvero Lo Schianto, il britannico infatti oltre esaltare il pubblico degli appassionati della formula 1 con prestazioni oltre ogni limite, pure era personaggio pubblico capace di stagliarsi sulle pagine dei rotocalchi, tra conquiste amorose e provocazioni anticonformiste (spesso lo si vede arrivare nel paddock in compagnia di belle donne, in jeans e piedi scalzi). Una vita dunque da bad boy, tra party, droghe, alcool e altri vizi, i quali, dopo la conquista del Mondiale nel 1976, pure hanno finito per distrarre completamente Hunt, che si è ritirato dalle corse dopo alcune stagioni insoddisfacenti, nel 1979.
HUNT, OLTRE IL PERSONAGGIO PUBBLICO I SUCCESSI IN PISTA
Ma prima che la vittoria del titolo mondiale della F1 nel 1976 appagasse la sua fame di vittoria, e che la fama e la gloria lo distraesse dalle imprese in pista, portandolo a una parabola discendente (come pure lo stesso Enzo Ferrari spiegò bene nel suo libro Piloti, che gente!), James Hunt è stato certo uno dei miglior piloti della formula 1 di quegli anni. Il suo stile di guida, spericolato e al limite infatti lo ha portato grandi trionfi, ma soprattutto a prestazioni e gare che sono ben vivide nella memoria degli appassionati della Formula 1. Cominciato a guidare nella più tenera età, Hunt cominciò a mettersi in gioco nel motorsport a partire dalle competizioni con le Mini, per poi passare nelle formule minori e poi in formula 3 e formula 2, dove il talento del pilota inglese esplode.
Nel 1973 Hunt esordisce nella Formula 1, ma è nella stagione successiva che si mette veramente in luce, con la Hesketh Racing, scuderia che oltre che regalagli tre podi, a fine di quell’anno fallirà, lasciandolo per strada. Rimasto senza sedile nel ’76 Fittipaldi gli lascia un posto alla McLaren: con quella vettura Hunt vincerà, in rimonta e con un solo punto di vantaggio su Niki Lauda (che interruppe la sua stagione per il grave incidente occorso in Germania, da cui uscirà sfigurato) nella classifica piloti il mondiale di formula 1. La stagione 1976, che pareva essere in mano al tedesco, vide quindi il trionfo in extremis dell’inglese, che pure corse parecchi rischi per poter ottenere l’alloro: indimenticabile la sua prestazione al Gp del Giappone sotto a una pioggia torrenziale (a cui Lauda, appena rientrato nel circus in tempi record, rinunciò al secondo giro, proprio per la pericolosità delle condizioni). Fu dunque quell’anno il più significativo per la carriera del pilota londinese, ma pure il più infuocato per la rivalità tra Hunt e Lauda, elemento certo enfatizzato nel film Rush oggi in tv: rivalità che pure fu solo agonistica, visto che lontani dalle piste infatti i due erano amici e nutrivano profonda stima e rispetto per l’altro, pure nelle grandi differenze di carattere e temperamento.
Dopo il ’76 però ebbe inizio una parabola discendente per Hunt: qualche stagione con McLaren e Wolf ma senza squilli e la decisione dunque di ritirarsi dal mondo delle corse. Ma anche il suo addio fu fuori le righe. Nel 79’ Hunt aveva annunciato di volersi ritirare solo a fine stagione, salvo poi anticipare l’annuncio al termine del Gp di Montecarlo: “Lascio ora e definitivamente perché – nel mondo della F1 – l’uomo non conta più!”: le parole dell’inglese che suscitarono un vespaio. Hunt, dopo la F1 si occupò delle telecronache dei Gp per parecchi anni, inscenando anche violente polemiche con collegi e ex piloti: nel 1993 morì per un infarto a soli 45 anni, dopo una volta vissuta certamente al limite, in pista e fuori.