Jannik Sinner: chi sono i genitori Hanspeter e Siglinde

Jannik Sinner è la stella del momento, a soli 22 anni è già il miglior tennista della sua generazione. Sebbene tutti conoscano le sue imprese sul campo, però, non tanti sanno della sua vita privata. Lo sportivo ha un rapporto molto stretto con i suoi genitori, che da sempre hanno creduto in lui e lo hanno sostenuto.



Il padre di Sinner, Hanspeter, è un cuoco e lavora presso il rifugio Fondovalle in Val Fiscalina insieme alla moglie e madre del tennista Siglinde. Lui si occupa delle pietanze e lei è in sala. “Devo tutto ai miei genitori: in questi giorni sono andato a casa, ho sempre avuto pochi giorni a disposizione con loro da quando ho 14 anni” aveva dichiarato il tennista a Sky Tg24. 



Jannik Sinner: “Ho una famiglia normale, ognuno fa il suo lavoro”

Jannik Sinner, ai microfoni del Corriere della Sera, ha parlato a lungo della sua famiglia e dei genitori Hanspeter e Siglinde: “Ho una famiglia normale, nel senso che ognuno fa il suo lavoro. Il babbo si svegliava alle 7 di mattina, non si sapeva mai a che ora sarebbe tornato, faceva lo chef nel rifugio: il ristorante non ha orari. La mamma aiutava i nonni a pulire gli appartamenti, poi faceva la cameriera. Quando io tornavo da scuola, il miei non c’erano. Andavo dai nonni, Josef e Maria, a pranzo e a fare i compiti. Mark, mio fratello, è la persona più onesta e vera che io conosca. Quando sono in difficoltà, mi rivolgo a lui.”



Jannik Sinner ha aggiunto: “E non ha importanza se non lo sento da giorni, magari parlo più con gli amici che con Mark, però lui mi conosce, e ha sempre la parola giusta. Abbiamo diviso la cameretta, siamo cresciuti insieme. Gli amici più cari sono quelli della scuola, non quelli che si avvicinano ora che sono un top player. A loro se vinco o perdo non gliene frega niente. Mi telefonano e la prima domanda è: come stai? È una cosa che mi tiene ancorato, che mi dà forza. Quando chiamo i miei, nemmeno rispondono se sono presi. Sto parlando di vita vera: la mia pressione è niente in confronto a quella di un chirurgo, di un capofamiglia che deve mettere in tavola la cena. Questa è pressione: non sapere si ti entra un razzo in casa tra cinque ore o cinque giorni. Giocare a tennis è una cosa di cui sentirsi onorati. Mi rende felice ma è giusto avere dubbi”.