“JEAN-LUC GODARD È MORTO CON SUICIDIO ASSISTITO”: LA NOTIZIA CHOC DI “LIBERATION”

Un importante aggiornamento arriva dalla Francia in merito alla domanda che da ore corre nel mondo del cinema e della cultura, ovvero come è morto Jean-Luc Godard dato che apparentemente non soffriva di alcuna malattia in particolare. Ebbene, è ancora il sito online di “Liberation” a riportare che il registra “padre” della Nouvelle Vague ha ricorso al suicidio assistito in Svizzera. Sua moglie Anne-Marie Miéville e i suoi produttori hanno confermato la morte di Godard sottolineando come sia morto «pacificamente nella sua casa circondato dai suoi cari a Rolle, sulle rive del lago di Ginevra». «Non era malato», spiegano ancora dalla famiglia, «era semplicemente esausto. Quindi aveva deciso di farla finita. Era una sua decisione ed era importante per lui che si sapesse».



Era il 2014 quando lo stesso Jean-Luc Godard aveva cominciato a paventare l’idea del suicidio in un giorno neanche troppo lontano: «Chiedo spesso al mio medico, al mio avvocato, così: ‘se vengo a chiedervi dei barbiturici […] morfina me ne date un po’… Non ho ancora avuto risposta favorevole». Come spiega il critico cinematografico Jean-Luc Douin, «Godard è affascinato dal suicidio» tanto da portarlo più volte all’interno dei propri film: pare lo abbia già tentato nel lontano 1968, come ammesso dallo stesso regista. Ma quanto avvenuto in Svizzera in queste ultime settimane ha dinamiche e tempistiche ovviamente diverse: «Jean-Luc è esausto di questa vita» e ha deciso così di lasciarla andare via.



COME È MORTO JEAN-LUC GODARD

È morto in Francia Jean-Luc Godard, uno dei registi più importanti del Novecento nonché tra i fondatori del movimento “Nouvelle Vague” assieme all’amico-rivale Truffaut: dopo che da diversi mesi si rincorrono notizie sulla morte del quasi 2enne parigino, tra bufale e fake news, questa volta purtroppo è tutto confermato. Non si sa ancora come è morto Jean Luc-Godard, ma di certo stavolta la conferma arriva dalla famiglia che ha rilasciato una breve dichiarazione al quotidiano francese con cui collaborava lo stesso regista, “Liberation”: «Il regista franco-svizzero Jean-Luc Godard è morto all’età di 91 anni, ha appreso Liberation dai suoi parenti martedì».



Non è stato rivelato al momento la causa di come è morto l’amatissimo regista nato a Parigi il 3 dicembre 1930: le sue condizioni di salute erano date negli ultimi anni comunque buone nonostante la veneranda età e in diverse occasioni anche durante la pandemia la sua voce e le sue riflessioni sull’epoca che stiamo vivendo non sono mai mancate in Francia. Le continue smentite negli scorsi giorni alle notizie sulla sua morte probabilmente “sorgevano” da una tenuta finora nascosta situazione sanitaria personale, anche se al momento famiglia e amici di Jean-Luc Godard hanno voluto tenere massimo riserbo sulla eventuale malattia del cineasta padre della Nouvelle Vague.

JEAN-LUC GODARD È MORTO, IL CINEMA DELLA NOUVELLE VAGUE E LO SCONTRO CON I COLLEGHI REGISTI

«La fotografia è verità e il cinema è verità 24 volte al secondo»: sceneggiatore, montatore, critico cinematografico ma soprattutto regista, Jean-Luc Godard è morto oggi ma fu tra i primi aderenti del movimento “La nuova onda” che con Truffaut, Rivette e Rohmer seppe incarnare la novità estrema nell’arte come nella cultura della Francia pre-’68. Presso la Cinémathèque Française Jean-Luc Godard e gli altri registi della Nouvelle Vague seppero scrivere e dirigere centinaia di film “non convenzionali” e di profonda rottura con il cinema fatto fino agli Anni Cinquanta. Linguaggio rivoluzionato, immagini anormali, costi al ribasso, attori non professionisti e set improvvisati: la Nouvelle Vague rappresentò un punto di non ritorno per moltissimi autori, anche se Godard fece letteralmente la storia del cinema francese ed europeo con le sue battaglie, la sua ostinata ricerca della “rivoluzione” a tutti i costi (era anche un “ribelle” comunista extra parlamentare).

«Lo scopo cinematografico della Nouvelle Vague era catturare lo splendore del vero», raccontava ancora Jean-Luc Godard durante il suo periodo di critico ai “Cahiers du Cinema”: niente proiettori, niente costose attrezzature, niente complesse scenografie, quel cinema così particolare coinvolse molti e fece crescere generazioni di registi che in qualche modo portano avanti ancora oggi alcuni echi di quel movimento terminato poi tra gli anni Sessanta e Settanta. Godard fonda nel 1969 con altri cineasti il Gruppo Dziga Vertov, sperimentando un cinema collettivo e rifiutando il ruolo di autore unico nella sua piena convinzione che esso «sottintenda un’ideologia autoritaria e gerarchica». Dal “Disprezzo” a “Fino all’ultimo respiro”, da “Il bandito delle 11” passando per “Passion” e “Bande a part”: la lista dei capolavori di Godard è lunghissima, non tutti “semplici” o “immediati”, tanto da scatenare fervente dibattito nella critica cinematografica dei suoi stessi colleghi registi. Ad esempio, Ingmar Bergman soleva dire sul regista Godard morto oggi a Parigi «Non ho mai ricevuto nulla dai suoi film. Sono costruiti, falsamente intellettuali, e completamente privi di vita. Cinematograficamente senza interesse e infinitamente noiosi. Godard è una noia fottuta. Ha fatto i suoi film per i critici. Uno dei suoi lavori, Il maschio e la femmina, è stato girato qui in Svezia. Era estremamente noioso». Anche Orson Welles non apprezzava granché il cinema di Jean Lua-Godard: «Le sue doti come regista sono enormi. Solo che io non riesco a prenderlo sul serio come intellettuale – ed è qui che siamo diversi, davvero. Il suo messaggio è ciò che oggi gli interessa, e, come molti messaggi contenuti nei film, il suo potrebbe essere scritto sulla testa di uno spillo». Godard non amava le grandi produzioni, non amava la “massificazione” dell’arte e per questo non aveva in particolare simpatia Hollywood: per esempio in un memorabile intervento sul film del collega Stanley Kubrick “Full Metal Jacket”, Godard attaccava il genio Usa dicendo «Kubrick sfrutta il Vietnam. Mi delude perché è più talentoso degli altri, in quel film mancano i vietnamiti e pure bastava filmarli, era li eppure li film li vede tutti insieme con il rallenty, è vergognoso».