Un’altra tegola per Matteo Renzi, dopo la caduta del governo Draghi da lui fortemente sostenuto. La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i rilievi del Tribunale di Roma sull’indennità prevista dal Jobs Act sui licenziamenti illegittimi nelle prime imprese e chiesto di aumentare le tutele. Di fatto, la Consulta chiede una riforma della disciplina dei licenziamenti, che ritiene «indifferibile», in quanto «materia di importanza essenziale per la sua connessione con i diritti della persona del lavoratore e per le sue ripercussioni sul sistema economico complessivo».



Lo scrive la vicepresidente Silvana Sciarra nella sentenza depositata oggi, con cui quindi si rivolge al legislatore un monito ad intervenire con urgenza sulla materia, predisponendo le necessarie tutele. La Corte Costituzionale ha rilevato, infatti, che una indennità «costretta entro l’esiguo divario tra un minimo di tre e un massimo di sei mensilità vanifica l’esigenza di adeguarne l’importo alla specificità di ogni singola vicenda». Inoltre, per la Consulta non rappresenta un rimedio congruo e coerente con i requisiti di adeguatezza e dissuasivi che la stessa Consulta aveva affermato con due sentenze, quelle del 2018 e 2020.



JOBS ACT, CONSULTA SOLLECITA LEGISLATORE

I giudici costituzionali osservano che «il limitato scarto tra il minimo e il massimo determinati dalla legge conferisce un rilievo preponderante, se non esclusivo, al numero dei dipendenti». Questo criterio, tenendo conto di «un quadro dominato dall’incessante evoluzione della tecnologia e dalla trasformazione dei processi produttivi», non è indicativo dell’effettiva forza economica del datore di lavoro. Peraltro, non fornisce neanche gli elementi necessari per determinare l’importo dell’indennità, secondo le peculiarità di ogni vicenda. Ma la Corte Costituzionale ritiene comunque che spetta alla «valutazione discrezionale» del legislatore la scelta delle soluzioni più appropriate per garantire le tutele. Da qui l’urgenza di una riforma.



jobsIl Tribunale di Roma prefigurava diverse soluzioni, dalla ridefinizione di un criterio distintivo focalizzato sul numero degli occupati alla cancellazione del regime speciale, passando per la ridefinizione delle soglie. Ma sono scelte relative alle «differenti opzioni di politica legislativa» che, come scritto dalla Consulta, sono il risultato di «valutazioni discrezionali». Ma i giudici avvertono anche che «il protrarsi dell’inerzia legislativa non sarebbe tollerabile». Pertante, se la questione fosse riproposta, la stessa Consulta provvederà direttamente a intervenire sulla disciplina censurata.