Joe Biden sta affrontando la crisi politica più grave della sua presidenza”, questo quando rivelato dalla Cnn. Il malcontento nei confronti del presidente degli Stati Uniti è nettamente aumentato dopo il garage gate. Alcuni documenti riservati relativi all’epoca in cui era vice sono stati infatti trovati in un ufficio nei locali del Penn Biden Center, a Washington, e nella sua casa di Wilmington, in Delaware, poco dopo che l’attuale capo americano aveva criticato aspramente Donald Trump per il medesimo fatto.



Le prime carte sono state scoperte il 2 novembre scorso, ma la questione è venuta alla luce soltanto nei giorni scorsi. È per questo motivo che i repubblicani accusano Joe Biden di avere volutamente taciuto. Anche perché il suo team ne aveva intanto trovate altre. Il presidente degli Stati Uniti, ad ogni modo, sta collaborando con la giustizia ed il caso è di risonanza nettamente minore rispetto a quello che ha coinvolto Donald Trump, dato che i documenti riservati sono soltanto poche unità. Nonostante ciò, la sua gestione del problema non è piaciuta alla popolazione.



“Joe Biden, crisi è grave”: cosa sta succedendo negli Usa dopo il “garage gate”

Joe Biden infatti dopo il garage gate ha in un certo modo cercato di ridimensionare il caso, sottolineando come i documenti riservati fossero “in un posto chiuso a chiave insieme alle sue Corvettes”. Il problema è che le carte si sarebbero dovute trovare negli Archivi Nazionali alla Casa Bianca, non in qualsiasi altro posto, in base alla legge americana. Il tentativo di allontanare i sospetti del presidente degli Stati Uniti non è andato dunque a buon fine, anzi in molti lo hanno accusato di “superficialità” e di “mancata trasparenza”.



Un altro elemento che fa storcere il naso sulla questione è quello relativo alla presenza di Hunter Biden, il figlio del presidente, nella abitazione di Wilmington, in Delaware. È lì infatti che avrebbe vissuto sino al 2018. Il timore, in tal senso, è che l’uomo possa essere entrato in possesso dei documenti discussi. James Comer, presidente della commissione vigilanza della Camera, ha inviato una lettera alla Casa Bianca per accertare questo aspetto, anche in virtù del fatto che il diretto interessato in quel periodo era “coinvolto in affari con avversari degli Stati Uniti”.