Siamo in una casa di campagna a pochi chilometri da Boston, nel Massachusetts. L’inverno del 1775 è rigidissimo, ma nonostante il gelo l’epidemia di vaiolo non si arresta. La signora Adams – rimasta sola perché il marito da mesi è trattenuto a Filadelfia dai lavori dell’assemblea costituente dei futuri Stati Uniti d’America – prende la decisione di vaccinarsi e di sottoporre all’inoculazione del virus anche i suoi 4 figli. La scena è da stomaci forti, ma rende bene il livello a cui è giunta la medicina. Il medico di famiglia ha su un carretto, parcheggiato lontano dalla casa, un malato terminale da cui preleva del materiale dalle pustole infette. A uno a uno opera un taglio sul braccio sinistro dei membri della famiglia Adams e con un coltellino inserisce nella ferita la poltiglia di pus e sangue.



La scena della vaccinazione antivaiolo racconta molto della vita quotidiana negli anni della rivoluzione americana e di John Adams, la serie HBO arrivata con qualche ritardo sugli schermi italiani. È infatti del 2008 e non si capisce perché abbia impiegato tutto questo tempo. Racconta la vita di John Adams (1735-1826), uno dei protagonisti della rivoluzione americana, ambasciatore in Europa, primo vice-presidente con George Washington ed egli stesso Presidente dal 1797 al 1801. Figura controversa ma sicuramente uno dei padri fondatori del federalismo americano.



Adams è un politico moderno. Per quanto la democrazia politica sia agli albori, e i partiti ancora non abbiano fatto la loro apparizione, egli si muove con un’intelligenza non comune perseguendo strategie e alleanze precise. Conosce i suoi difetti e non sottovaluta i suoi pregi, ambizioso quanto necessario, si muove nel gruppo di testa che guida la rivoluzione con sapienza e coraggio. Forza quando c’è da forzare, arretra quando è necessario. Sa gestire le “prime donne” che identificheranno con il loro volto la nascita degli Stati Uniti d’America: George Washington, Thomas Jefferson, Benjamin Franklin. Sarà alla fine duramente sconfitto, è uscirà di scena non senza combattere.



L’interpretazione di John Adams che ne fa Paul Giamatti (due Golden Globe proprio per John Adams e La versione di Barney) è straordinaria. Giamatti riesce a dare al profilo del secondo Presidente degli Stati Uniti la profondità e lo spessore che meritano. Un uomo politico non può essere ricordato solo per i suoi successi, e non può essere giudicato al di fuori di un contesto umano e sociale definito. Gli uomini del tempo, per quanto alle prese con problemi nuovi, portavano con sé gli elementi caratteristici di un gruppo che si candidava a fare qualcosa di straordinario. Senza esclusione di colpi, spesso le amicizie si trasformavano in odi, che poi tornavano amicizie e poi si rompevano di nuovo. La vittoria di una tesi non comportava automaticamente la vittoria di chi la sosteneva. Questo Adams lo sapeva molto bene, visto che alla fine è emarginato dalla scena politica del Paese proprio dalle persone a lui più legate.

La serie dunque rientra a pieno titolo tra le produzioni a sfondo politico. Una ricostruzione storica fedele dei fatti dell’epoca e la famiglia Adams è fotografata nel suo tempo e nella sua dimensione umana. La moglie Abigail, interpretata magistralmente da Laura Linney (Ozark, Conta su di me, La famiglia Savage), è la figura più emblematica e allo stesso tempo decisiva nella vita di Adams. Non si limita a consigliarlo, ma agisce e lo sostiene nei momenti decisivi.

Come dicevamo, la serie arriva in Italia molti anni dopo la sua produzione. In questi anni è evidente che si sono privilegiati prodotti di maggior successo come House of Cards. Sul tema storico del resto vi è una copiosa produzione di film, uno fra tutti Il Patriota con Mel Gibson del 2000, e sicuramente è un argomento molto trattato. Eppure la serie merita la visione per il suo approccio ragionato e per la fedeltà alle fonti. La regia è di Tom Hooper (Il discorso del Reper cui ha vinto l’Oscar, Red Dust, The Danish Girl). Domani Sky trasmetterà gli episodi 3 e 4 e il martedì successivo gli ultimi tre

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