Se vuoi un mondo migliore, inizia con te, ogni persona deve essere migliore, è così che inizia”. Con queste parole John Mellencamp si racconta nel video documentario  che accompagna l’uscita del disco The Good Samaritan tour 2000. L’album, pubblicato con una ventina d’anni di ritardo rispetto alle registrazioni live, raccoglie una dozzina di canzoni che sono la testimonianza di uno dei più folli e coraggiosi tour/non tour della storia della musica.



Senza una meta predefinita e senza l’autorizzazione delle autorità locali, per un paio di settimane nell’agosto del 2000 John Mellencamp si esibisce in diversi luoghi pubblici di città statunitensi, dapprima davanti a poche decine di persone e poi, via via, grazie al tam tam dei fan, delle radio e di internet, di fronte a diverse migliaia di persone. Per l’occasione la crew del tour era ridotta all’essenziale: John e due chitarre acustiche, due giovani musicisti, Merritt Lear al violino e Mike Flynn alla fisarmonica, il cugino Tracy Cowles come addetto alla sicurezza e il road manager Harry Sandler a supporto per la pianificazione delle data del tour che toccherà le città di Philadephia (inizio del tour a Rittenhouse Square), Chicago, Detroit, Cleveland, Cincinnati, Cambridge, Pittsburgh, Nashville e Bloomington. 



 È lo stesso cantautore dell’Indiana, in chiusura dell’esecuzione di Small Town, una delle sue canzoni simbolo, a spiegare le ragioni e la particolarità di queste esibizioni: “Non è un concerto, sto semplicemente suonando per le strade. Se non sentite bene mi dispiace ma non abbiamo portato un grande impianto di amplificazione, questo non vuole essere un concerto. Non sto promuovendo nulla, non sto vendendo nulla. Sto semplicemente restituendo alla gente che è stata così buona con me”.

La cultura del “give back” è radicata in molti artisti, in particolare americani. Riconosci che hai avuto tanto dalla vita, sotto forma di talenti o affetto del pubblico? Allora è giusto restituire qualcosa della fortuna avuta mettendo a disposizione le proprie capacità o risorse a beneficio della società o comunità. È noto ad esempio l’impegno di Johnny Cash che, memore delle parole della madre quando lo sentì cantare per la prima volta con quella voce incredibile, affermò: “Il Signore ha messo la sua mano su di te, non dimenticare mai il Dono”. Il Man in Black visse la sua intera vita con la consapevolezza di offrire la propria voce come strumento di risonanza e di conforto per i carcerati e i più bisognosi. 



John Mellencamp è cresciuto con degli ottimi maestri, con la seconda canzone Oklahoma Hills omaggia Woody Guthrie, il vero ispiratore del Good Samaritan tour, che con le sue canzoni andava nei luoghi di lavoro a dare conforto ai lavoratori della California. Con l’esecuzione di All Along the Watchtower e In my time of dying rende tributo ad un’altra primaria fonte creativa, Bob Dylan, un gigante che metteva a disposizione della gente che sentiva più vicina la sua interpretazione delle canzoni che amava: “Bob Dylan è un artista, Picasso è un artista, loro hanno cambiato il mondo, io faccio semplicemente parte della comunità dei musicisti ma non sono un artista”.

Le cover non finiscono qua, anzi sono la maggioranza delle canzoni del disco: ci sono i Rolling Stones con The Spider and the Fly e Street Fighting Man, Donovan con Hey Gyp, Rod Stewart con Cut Across Shorty e altri ancora. Per la conclusione del disco John propone un grande classico del suo repertorio, Pink Houses, che, nella spontaneità del tour, affida la prima strofa alla violinista Merritt Lear che, prima affronta con voce incerta e timorosa, ma poi acquista consapevolezza regalando una versione emozionante e di rara bellezza. 

 Il Good Samaritan tour è passato per le strade d’America vent’anni fa e ha lasciato un ricordo indelebile in chi si è imbattuto in esso e questo album fa onore e dà merito ad un grande musicista talvolta messo in secondo piano. Ancora oggi, in qualche campetto sperduto, in qualche scuola, in qualche periferia dimenticata, c’è qualche buon samaritano in grado di offrire sollievo e misericordia. Per chi è in attesa, basta solo osservare e ascoltare.