Sarà surreale, ma finalmente Elly Schlein può dire di aver vinto qualcosa.

1) In Spagna il leader della sinistra si è piazzato meglio di quello che prevedeva e il partito di estrema destra Vox ha perso seggi.

2) Zaki è stato liberato e sarà la prossima sardina bolognese.

3) In Veneto un’altra eutanasia assistita (ma Zaia?).



4) La sua accostatrice di colori forse avrà un salario minimo sicuro a vita (9 euro/ora e non 250 al giorno) ed Elly risparmierà.

Meglio guardare il mio mito cinematografico John Wick e farsi alcune domande.

Il quarto film della serie ha durata di quasi tre ore. Un po’ troppo lungo per i miei gusti e forse in alcuni momenti va visto in velocità doppia così si riduce il tempo di visione. Tanto il protagonista parla poco, solo 380 parole, ma fa i fatti. Nella prima ora ammazza 50 cattivi; nei successivi cinquanta minuti solo 15, si riposa; poi parte la caccia contro di lui e in venti minuti ne fa fuori 85. Pistola e fucile, vestito da Blues Brothers ma la giacca è in kevlar (quello dei giubbotti antiproiettili). Quando colpisce un cattivone poi lo finisce con due pistolettate alla testa. E poi kantiana, accette, pugnali, attrezzi da combattimento dei ninja, mitragliette. Mancano solo i droni.



La storia è semplice, John Wick è ricercato dalla società simil massonica, la Gran Tavola, che detiene il potere sul mondo, e lo vuole morto mettendo in campo l’arrogante Marchese Vincent De Gramont. Il suo fine è quello di uccidere Wick e tutti i pochi amici rimasti, ma più ancora, arrivare al vertice della società segreta.

Il nostro eroe vuole la libertà a tutti i costi e tra sparatorie, corse in auto, moto, scontri di karate, wushu, kung fu, taekwondo, si arriva all’epilogo di un duello con la pistola all’alba davanti alla basilica parigina Sacre Coeur a Parigi che riabiliterebbe e libererebbe John Wick.



E come in tutti i film action con grandi budget si gira il mondo in bellissime location panoramiche come il deserto del Marocco (che invece è Giordania), New York, Berlino, Osaka, Parigi, e in luoghi come musei, alberghi spettacolari, chiese, piazze, ecc. Il tutto valorizzato da una fotografia che ne esalta i perimetri, come ad esempio il deserto dell’inizio e l’alba sulla Basilica di Montmartre. C’è poi una variazione di colori tendenti al blu e al rosso prevalentemente utilizzati di notte, in cui perlopiù è ambientato temporalmente il film.

Come dicevo, le arti marziali la fanno da padrone con combattimenti a non finire, spettacolare quello con l’ex killer Caine nel salone tutto vetri del museo di ricordi giapponesi. E qui mi sovvengono Bruce Lee e Ip Man.

Viene da sorridere per i contromano a tutta velocità in auto e moto nella rotonda parigina dell’Arc de Triomphe oppure quando Wick, arrivato quasi alla Basilica Sacre Coeur, viene rispedito dai cattivoni all’inizio della scalinata (222 gradini) ruzzolando, ma restando fisicamente integro. Oltre a Keanu Reeves, abbiamo Donnie Yen (il miglior esponente mondiale del cinema di arti marziali) che interpreta un ex killer cieco, Caine, che il Marchese De Gramont ricatta e mette contro il nostro eroe. Ma anch’egli vuole la libertà dalla Gran Tavola e i due, che erano amici, si ritrovano in chiesa a pregare prima del duello finale.

Qui mi fermo e non spoilero la fine del film sennò vengono a menarmi con le arti marziali.

Aggiungiamoci poi il killer nero indipendente Mr. Nessuno, interpretato da Shamier Anderson, con tanto di cane al seguito (un rimando al primo film della serie) che anche lui a caccia di Wick, si ferma quando questi gli salva il cane.

Qualche lettore penserà: ma c’è già tanta violenza nel mondo, vedi la guerra e tutti gli omicidi evidenziati dai giornali e c’è bisogno di guardare un film del genere? Un po’ pirla (alla milanese) l’autore del pezzo…

Ci sta. È vero son tutti banditi, ma abbiamo due ravveduti, Wick e Caine, che combattono per la propria libertà contro la cupola del male, contro il potere. Viste le quasi tre ore della pellicola, il rapporto tra i due poteva essere maggiormente evidenziato.

Senza dare significati particolari, puro intrattenimento.

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