A gennaio vi avevo proposto Father Stu (2022) prodotto e interpretato da Mark Wahlberg, storia vera di Stuart Long: scavezzacollo americano, convertitosi diviene sacerdote, muore di Sla in odore di santità. Dio ti vuole nonostante i disastri che combini, è lui che ti preferisce.
Vi propongo ora un film polacco, Johnny – Una nuova vita (2022), sconosciuto in Italia ma con un buon successo in patria e in streaming su Netflix. Anche qui abbiamo un sacerdote, Jan Kaczkowski, che muore giovane, 39 anni, di un tumore al cervello. Non è un ex bandito come Father Stu, anzi è un fine teologo con tanto di dottorato in bioetica, che si dedica anima e cuore ai malati terminali fondando un hospice. Ma non è solo lui protagonista: al suo fianco abbiamo Patryk, giovane balordo, arrestato per furto e mandato nella struttura del sacerdote in sostituzione del carcere per 360 ore di servizio sociale.
È Patryk che racconta come lui è cambiato incontrando padre Jan dicendo all’inizio del film:
– Era attratto dalle persone senza speranza.
– È stato lui a non darmi per spacciato.
Il sacerdote aveva improvvisato un servizio di ospizio porta a porta, andando a trovare i malati abbandonati e terminali nelle loro case. Aiutato dalla Provvidenza, e confidando nel beato Jerzy Popiełuszko, ma non dal suo vescovo, il passo per costruire una struttura fu rapido.
Patryk incontra un prete considerato strano, matto, che parla poco, ma che è attento al suo bisogno come a quello degli ammalati. Comincia a guardarsi dentro e andare in subbuglio:
– A Dio non frega niente della mia vita.
– Ma Lui (Dio) ci sente?
Lavora nell’hospice e si coinvolge con i malati. La sofferenza lo scuote nel profondo. Vede morire delle persone a cui si era profondamente legato. Una donna in particolare che gli aveva fatto scoprire che tutti meritano il perdono.
Il tribunale del riesame lo considera un manipolatore che non si è redento nonostante la testimonianza di padre Jan e rientra in carcere. Sarà proprio il vescovo succitato a dare una mano perché Patryk sconti la pena nella struttura.
Padre Jan, vedendo un suo talento, l’aveva spinto a intraprendere il lavoro di cuoco, prima nella struttura e poi in un ristorante. Lo martella anche per metterlo davanti alle proprie responsabilità.
Finale con le immagini del vero sacerdote in alcuni momenti della sua vita e del vero Patryk, cuoco, con la moglie e i tre figli.
Un film anche questo, come Father Stu sulla preferenza di Dio, nonostante i casini che combiniamo. Non è una biografia con un’esaltazione del sacerdote: è il cambiamento personale di Patryk e anche di altre persone attraverso l’incontro con padre Jan.
Un film semplice, con poche parole, ma spesso di significato.
Johnny è Jan che mangiando con Patryk gli dice di chiamarlo così. Il sacerdote non è un adone, per una malattia dalla nascita è claudicante e con una leggera paresi da un lato, ha dei problemi di vista, ma ha un cuore certo a Dio.
È un film a basso costo, l’unico attore conosciuto è Dawid Ogrodnik (padre Jan), era nel cast del film Ida, Oscar nel 2015 per il miglior film straniero.
Il ritmo è vivace e i due protagonisti ti portano a immergerti nelle domande esistenziali della vita. I loro volti esprimono questo. La fotografia è luminosa con i colori vivaci che ben si accompagnano alla giovialità di padre Jan. Un film non sentimentale, ma di speranza, il cambiamento è possibile per tutti, come dice San Paolo: Spes contra spem.
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