CRISI UCRAINA E SANZIONI RUSSIA: L’OCCIDENTE PERDE PEZZI, NON PUTIN
Era il 26 marzo, la guerra in Ucraina era cominciata da poco più di un mese e le parole del Presidente Usa Joe Biden erano risuonate in tutto il mondo: «La colpa è solo di Putin. Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere». La Casa Bianca si affrettò a correggere il tiro spiegando che non si trattava di una richiesta formale di “change regime” in Russia, ma tant’è il messaggio in realtà era già andato. Sono passati 4 mesi e nel mezzo invece che cadere Putin, nell’alleanza stringente pro-Ucraina sono già caduti Boris Johnson (Regno Unito) e rischia pesantemente le dimissioni, per lo strappo M5s, anche il Premier italiano Mario Draghi.
Nelle ore convulse che separano dalla potenziale terza crisi di Governo in 5 anni per questa Legislatura, non pochi osservatori stanno contestando a Giuseppe Conte di condurre un’operazione politica che rischia di fare un “favore” al Cremlino nel pieno della crisi internazionale per le conseguenze della guerra in Ucraina. Le forti sanzioni imposte da Ue e Stati Uniti da settimane ormai rischiano di creare forti crisi economiche, salariali e industriali negli stetti Paese che le hanno imposte: la Germania con Scholz vorrebbe fare passo indietro sul fronte gas, la Francia con Macron lancia appelli per non far scattare una vera terza guerra mondiale. E l’Italia? La situazione sul Decreto Aiuti rischia di far crollare tutto, così come è già avvenuto negli scorsi giorni nel Governo di Londra con le dimissioni di massa dei ministri che hanno costretto il Premier Johnson ad annunciare un cambio a Downing Street dal prossimo settembre (non appena sarà nominato il nuovo segretario dei Tory).
CAOS OCCIDENTE: JOHNSON E DRAGHI A PEZZI, MACRON E SCHOLZ IN DIFFICOLTÀ
Come scrive oggi sul “Corriere della Sera” l’editorialista Francesco Verderami, osservando lo sviluppo della situazione politica di queste ultime ore si recepisce come «nessuno nel M5s ha valutato l’impatto della crisi di Governo sui mercati finanziari e sugli equilibri geopolitici». Ebbene, con la crisi ora non solo vengono messi a rischio i soldi del PNRR (gli adempimenti di dicembre) ma «dopo Boris Johnson, Putin vedrebbe uscire di scena anche Draghi, i due più importanti sostenitori della linea Nato in difesa dell’Ucraina». In casa Pd, pur rimanendo anonimi, fanno sapere al “CorSera” di sperare fino all’ultimo che Draghi possa cambiare idea pur non avendo più in maggioranza Conte e i M5s: «speriamo che venga chiamato da Washington e da Bruxelles e che magari lo convincano a restare…».
Si voleva cacciare Putin e sconfiggerlo sul campo e sull’economia con le sanzioni europee: il risultato è Uk e forse Italia in crisi di Governo, Scholz in forte difficolta con l’Spd in Germania, Macron senza la maggioranza in Parlamento pur dopo la riconferma all’Eliseo e in generale un’Unione Europea che appare ancora bloccata nell’approvare un pacchetto di aiuti a Kiev. Elencando solo i fatti di questo mese di luglio, con la morte in attentato dell’ex Premier giapponese Shinzo Abe, la caduta di Boris Johnson in Regno Unito, le proteste in Sri Lanka e le tre sentenze della Corte Suprema Usa che ribalta sentenze/leggi del Congresso americano (su aborto, armi e ambiente), il leader di Italia Viva Matteo Renzi oggi in Senato si è rivolto direttamente al Premier Draghi: «nulla giustifica oggi la fine del Governo, il Presidente continui a fare il Presidente anche senza il Movimento 5Stelle». Concludendo il suo discorso, Renzi ha poi fatto riferimento al “tema” Putin: «Dallo Sri Lanka agli Stati Uniti, il mondo è in crisi democratica: non vorrei che da domani mattina anche l’Italia compaia in questo elenco, anche perché in qualche capitale mondiale non democratica qualcuno potrebbe festeggiare la caduta di Draghi».