Arthur Fleck vive a Gotham City, una polverosa e delinquenziale città del futuro immaginario, insieme all’anziana madre, che accudisce con affetto. Lavora nelle strade della città, allietando i passanti con il suo pagliaccio sorridente e nostalgico, con la speranza di diventare, un giorno, un comico da palcoscenico. Il suo sogno sembra però essere molto lontano dal realizzarsi, oscurato dalla cruda realtà di una vita faticosa. Ignorato da tutti, vittima di bullismo, provato nel corpo e nella mente, prossimo alla follia. Arthur sembra così inevitabilmente destinato all’oblio.
I supereroi, quelli che volano, quelli che cambiano il destino, non esistono. E nemmeno i supercattivi, quelli dalla parte sbagliata, quelli malvagi, che si oppongono ai buoni. Nemmeno l’ombra di supereroi, e antieroi, in questo meraviglioso film, ambientato a Gotham city. Qui c’è Joker. Una fama che lo precede, visto e rivisto in molto film di Batman, apprezzato in modo particolare nella versione del Cavaliere Oscuro di Nolan (interpretato da Heath Ledger) e in quella di quella di Tim Burton (interpretato da Jack Nicholson). Ma qui Joker non ha nessun potere. È l’ultimo degli ultimi. Distrutto dalla vita, è ai margini di un mondo spietato e malato, che non conosce pietà e che bolle di rivoluzioni dal basso.
Todd Phillips propone una storia sociale, satura di atmosfere surreali e inquietanti. Ricchi sfacciati, poveri derelitti, delinquenti senza perché convivono in una città cruda, cupa, guerriera. Una città che tanto avrebbe bisogno di Batman, ma che, per il momento, può solo immaginarselo. A covare rabbia c’è solo Joker, sputato dalla vita, costretto a subire solitudine, follia e disperazione. Vittima del mondo, di se stesso e della madre, rinchiuso nel buio dell’emarginazione.
Joaquin Phoenix gli dà forma memorabile, sfoderando il meglio della sua fisicità, smagrita e costolosa, il meglio delle sue facce, deformate dal sorriso abominevole del perfido villain, e il meglio della sua interpretazione, spezzata ininterrottamente da risate fragorose e incontrollabili. Joker fa più pietà che paura, semplice apprendista del male. La sua follia è genetica, inconcludente e disturbante, tatuata nella mente sofferente di una storia difficile.
In questo capitolo geniale, dedicato alla storia del pagliaccio dipinto di Batman, c’è solo un po’ il mondo dei comics, fatto di nomi evocativi e vivide suggestioni, depurate da ogni finzione e fantasia. I personaggi grondano di verità e tristezza, in un futuro fosco che albeggia nella società in crisi. Joker assorbe i pugni della strada e li trasforma, piano piano, in un folle disegno di vendetta, in diretta tv, ospite del capocomico di stato, interpretato dall’impettito e presuntuoso conduttore, che ha il volto di Robert De Niro.
Joker è un gran bel film, sovversivo, dilaniante e inaspettato, diretto da Todd Phillips, autore conosciuto per Una notte da leoni, qui certamente alla sua migliore prova registica. Leone d’oro, meritato, alla 76a Mostra d’arte cinematografica di Venezia.
Joker è, per chi scrive, una boccata di ossigeno. Un film che riporta il mondo dei supereroi alla sua dignità, nel territorio dell’epica cinematografica, della violenza visiva, spettacolare e simbolica. Non c’è nulla da ridere. Nessuna battuta, nessuno standard commerciale, nessun modello marvelliano preconfezionato. È il tanto agognato ritorno del grande cinema, rivoluzione sognata da milioni di nostalgici, stufi dell’ignobile ironia farsesca che impregna il rigido format contemporaneo delle guerre (stellari e non) tra buoni e cattivi dell’immaginario fumettistico e letterario.
Joker è la buona novella, la via maestra per un cinema che emoziona e fa pensare, che rifiuta e scontenta il pubblico con la faccia affondata nei pop corn. Bentornato cinema!