Resta un mistero la morte di Jordan Jeffrey Baby Tinti. Ne è convinto il padre Roberto, che nel frattempo vuole dare un ultimo saluto al figlio. Ha invitato la richiesta di nulla osta per seppellire il figlio, lunedì sono previsti i funerali, ma l’inchiesta procede. Il trapper di 26 anni, trovato impiccato nella sua cella al carcere di Pavia, aveva denunciato di aver subito maltrattamenti e abusi sessuali. Ora si attendono gli esiti dell’autopsia per avere indicazioni sul decesso. «L’altro giorno sono andato a vedere il corpo e a prendere le sue cose. Sembrava che dormisse, ma era proprio mio figlio», racconta Roberto Tinti al Quotidiano Nazionale. L’uomo racconta di essere stato toccato dalle parole di una guardia, che gli ha detto che suo figlio era un bravo ragazzo.
Ma Jordan Jeffrey Baby era in galera da 16 mesi. «Sproporzionato per quanto successo». Il riferimento è alla rapina aggravata da insulti razziali, in concorso con un altro trapper. «Mio figlio non era un santo, sicuramente ha fatto qualche ca**ta, ma era tutto fuorché un razzista. Sono venuti a casa nostra a ricordarlo qualche giorno fa una trentina di suoi amici. Beh, cinque erano di origine nordafricana, tre africani. Le sembra tipico di un razzista?».
IL PADRE DI JORDAN JEFFREY BABY: “MIO FIGLIO NON ERA RAZZISTA…”
Anche il nome che si era scelto il figlio e il fatto che avesse il volto di Michael Jordan tatuato su un braccio sarebbero una prova del fatto che non era razzista. «Sarebbe come se uno del Ku Klux Klan si tatuasse sul braccio il volto di Martin Luther King. E poi sua mamma è una sinti», racconta Roberto Tinti al Resto del Carlino. «Il razzismo con Jordan proprio non c’entra». Ai funerali, comunque, ci sarà anche la madre, che se ne era andata quando il trapper aveva solo un anno e mezzo. L’ultima volta che Roberto Tinti ha visto suo figlio Jordan Jeffrey Baby risale a febbraio, per un’udienza in tribunale. «Mi disse: “Riassaporo per la prima volta il sapore della libertà ed è una cosa bellissima”. Era contento». Tornando alla vicenda che lo ha portato in carcere, il padre del trapper assicura che non aveva mai fatto del male a nessuno.
«Anche il giorno di quella rapina alla stazione ferroviaria, ha preso la bicicletta di quell’uomo riprendendo col telefonino il suo amico che bucava le gomme. Tutto per un video, per un click. Ripeto, lo dico da padre, ma anche da uomo comune: 16 mesi in carcere, 9 richieste di arresti domiciliari rigettate mi sembra sproporzionato». Infine, riguardo l’ipotesi del suicidio del figlio Jordan Jeffrey Baby, a cui non crede, Roberto Tinti spiega al Resto del Carlino: «Quando l’ho visto l’ultima volta si lamentava che gli concedessero non più di 10 sigarette al giorno e non gli lasciassero sentire la sua musica, ma mi sembrava tranquillo. Era sotto stretta sorveglianza, ma ci sono quei 40 minuti di vuoto, fra le 00.50 e l’1.30 in cui è stato ritrovato cadavere: bisogna capire cosa è successo».