Nella giornata di ieri il cardinale Joseph Zen si è presentato in tribunale, ad Hong Kong, per rispondere delle accuse di cospirazione contro il governo, mosse dallo stesso governo cinese e che gli sta costando (per ora) i domiciliari da maggio. Assieme a lui c’erano anche altri 5 attivisti democratici, tutti e sei arrestati perché hanno protestato apertamente e pubblicamente per l’introduzione della legge sulla sicurezza introdotta dal governo, che arriva addirittura a limitare la libertà di stampa in Cina.



L’arresto del cardinale Joseph Zen aveva smosso la comunità cristiana, che tuttavia non avrebbe preso (almeno nei suoi massimi vertici, tra papato e Vescovi) alcuna posizione nei confronti della situazione. Il cardinale, e gli altri 5 imputati, dovranno rispondere anche della loro partecipazione alla gestione del Fondo per l’Aiuto umanitario 612 (istituito per finanziare le spese mediche e legali degli attivisti che si sono battuti durante le proteste del 2019 e degli anni precedenti, tra le quali anche quelle che hanno preso il nome di “rivoluzione degli Ombrelli”). Il fondo ammontava a 70 milioni di yuan cinesi (al cambio equivalenti a 9,2 milioni di euro) era già stato bloccato e sequestrato per intero.



Arresto del cardinale Joseph Zen: il silenzio di Papa Francesco

Insomma, l’arresto del cardinale Joseph Zen (che attualmente ha 90 anni) ha smosso silenziosamente l’opinione del mondo cristiano, che tuttavia avrebbe deciso in larga parte di mantenere il silenzio, senza esprimere preoccupazione in merito all’arresto e senza neppure condannarlo apertamente. In particolare, è il silenzio di Papa Francesco a pesare più di tutti gli altri. Interpellato dopo il suo ritorno dal Kazakhistan si è rifiutato di commentare l’arresto del cardinale Joseph Zen, dicendo però, a quanto riporta il Messaggero, di voler proseguire i dialoghi con Pechino.



La ragione del silenzio del Vaticano potrebbe essere dovuta, sempre secondo il Messaggero, alla necessità di Papa Francesco di siglare il rinnovo dell’accordo diplomatico con Pechino per la normalizzazione delle cariche episcopali cristiane in Cina. Infatti, ora in Cina vi è ancora una netta divisione tra la Chiesa controllata dal partito comunista (libera di agire e professare il credo) e quella che, invece, rimane fedele a Roma, ma ancora soggetta alle persecuzioni. Il precedente accordo, risalente a 4 anni fa, aveva portato al riconoscimento solamente di pochi Vescovi, e il silenzio di Papa Francesco potrebbe essere dovuto proprio alla necessità di ottenere il riconoscimento (e la fine delle persecuzioni) dei restanti Vescovi che si trovano in Cina. Del destino del cardinale Joseph Zen non si sa ancora nulla, per ora.

La reazione del mondo cristiano all’arresto di Joseph Zen

La vicenda del cardinale Joseph Zen, però, è stata commentata attualmente da tre Cardinali, gli unici ad essersi esposti contro il governo cinese. Già a maggio, in occasione dell’arresto di Zen, aveva parlato il cardinale del Myanmar Charles Bo, che attraverso una dura lettera si era espresso contro la politica repressiva del governo cinese. Aveva parlato di uno smantellamento delle tradizionali libertà di espressione, stampa, riunione ed associazione, condannando il governo del partito comunista, ed esprimendo la sua preoccupazione.

Dopo Bo, aveva commentato la vicenda anche il cardinale Gerhard Mueller (uno dei più autorevoli teologi, nonché ex prefetto della Congregazione della Fede) al Messaggero. Mueller aveva espresso preoccupazione in merito al silenzio del Vaticano sull’arresto di Joseph Zen, “sacrificato dal Vaticano sull’altare della realpolitik” a favore di un accordo politico. Infine, aveva parlato anche Fernando Filoni (capo dell’Ordine del Sacro Sepolcro), sottolineando come “il cardinale Zen non va condannato. Hong Kong, la Cina e la Chiesa hanno in lui un figlio devoto, di cui non vergognarsi”, rinnovando la necessità di un intervento della Chiesa e del Papato.