Il Jova Beach Party (JBP) arriva al terzo anno, anche questo accompagnato da polemiche. Per Jovanotti è il maggior evento ambientalista realizzato in Italia, ma c’è chi è di parere opposto e vorrebbe preservare i litorali. Annunciato per la prima volta nel 2018, è un maxi evento. Non solo per il numero di spettatori, e quindi per i biglietti venduti (che vanno dai 65 ai 125 euro), ma anche per gli ospiti da tutto il mondo che si esibiscono e l’indotto generato, tra 80 e 120 euro per spettatore. Viene creato una specie di villaggio, dove ci sono anche angoli di sponsorizzazione, come quelli di Sephora ed Estathe, giusto per citarne qualcuno. Ma come riportato dal Fatto Quotidiano, un concerto in spiaggia richiede spese maggiori e più impegno a livello logistico.



Ma il Jova Beach Party si propone anche come una fabbrica di progetti green. Ad esempio, prevede il recupero di 20 milioni di mq di spiagge, fiumi e fondali, opere di ingegneria e restauro naturali, progetti nelle scuole e borse di studio. La plastica è vietata, i gadget hanno opzione eco-friendly, il Banco Alimentare si occupa delle eccedenze di cibo, vengono diffusi messaggi ecologici. D’altra parte, per molti ambientalisti e cittadini il Jova Beach Party non dovrebbe tenersi in spiaggia.



JOVA BEACH PARTY BOCCIATO DA AMBIENTALISTI

Il Jova Beach Party si vanta della collaborazione col Wwf, che ha l’occasione di amplificare i suoi messaggi. L’associazione evidenzia che le spiagge vengono usate per altri eventi senza gli accorgimenti rispettati dal team di Jovanotti. Quindi, il Wwf fa le sue richieste e raccomandazioni, che vengono rispettate dagli organizzatori del Jova Beach Party e dai Comuni. Ad esempio, vengono escluse spiagge dentro parchi, riserve, siti di interesse comunitario e zone a protezione speciale. Ma la tappa di Vasto si terrà senza il “patrocinio” del Wwf perché, anche se il Jova Beach Party ha realizzato un piano acustico per ridurre l’impatto del suono, il Comune non ha rispettato le prescrizioni, non ha cioè spostato un Luna Park in una zona di nidificazione del fratino e rinatulizzato i corsi d’acqua di Fosso Marino, tombato per il concerto. Per il sindaco si tratta di “ecoterrorismo”. In ogni caso, Jovanotti ha deciso di tenere il concerto. Ma a far rumore è anche la tappa di Lido di Fermo, per un progetto su dune e vegetazione dunale spazzato via dal concerto. Il dibattito ha innervosito l’artista. Ma ad opporsi ai Jova Beach Party ci sono associazioni come Legambiente, Lipu, Italia Nostra, Marevivo, Lav, Enpa, non meno importanti del Wwf.



LA GRANA DEL “LAVORO NERO”

Per l’uso delle spiagge Trident Music, società organizzatrice del Jova Beach Party, versa al demanio quote “non significative”. Il tratto del litorale viene chiuso al pubblico fino a 7 giorni, comuni e regioni si occupano di pubblicità, ordinanze, sicurezza, livellata e preparazione della spiaggia, compensando eventuali perdite ai gestori degli stabilimenti balneari. I comuni sono ben disposti ad ospitare le tappe, vista la visibilità ottenuta e l’indotto per il territorio. Per il Comune di Lignano si aggirerebbe sui 5 milioni di euro. Ma come evidenziato dal Fatto Quotidiano, c’è pure la questione del lavoro nero. L’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) a Fermo ha scoperto 17 lavoratori in nero su 55 controllati, elevando alle quattro società che collaborano con Trident Music ben 87mila euro di sanzioni, oltre a sospendere la licenza. Le irregolarità sono state risolte in 12 ore e si è tornati a lavoro. Il presidente della Trident, durante una diretta Instagram con Jovanotti, aveva smentito la presenza di lavoro nero, mentre l’artista aveva accusato i media di “killeraggio“. Ma il Jova Beach Party chiaramente non fa eccezione, viste le irregolarità emerse a livello nazionale.