È il teatro Lirico di Milano il luogo che Jovanotti ha scelto per la conferenza stampa di annuncio del nuovo album e del successivo tour nei palazzetti, ovviamente battezzato PALAJOVA. L’apertura è affidata ad un video di forte impatto emozionale, che ripercorre le vicissitudini drammatiche e la risalita dell’ultimo anno e mezzo (per i più distratti Lorenzo Cherubini, a Santo Domingo per un viaggio, a luglio dell’anno scorso fece una brutta caduta in bicicletta, con conseguenze importanti dalle quali si è ripreso alla grande, ma non ancora al 100%).
A seguire, l’audio di una canzone molto melodica e molto aperta, tratta dall’album in uscita il prossimo 31 gennaio dal titolo Il corpo umano Vol. 1. Della canzone mi colpisce e mi annoto la frase “Finisce che c’è un Dio anche per chi non ci crede”. Il titolo dell’album, invece, è emblematico di una consapevolezza acquisita proprio grazie alla tragedia sfiorata: non ti accorgi dei doni che hai fino a che non ti mancano. E così è stato per Lorenzo con il suo corpo, come pure con gli affetti, tanto da dichiarare come prima cosa che “grazie” è la parola che ha detto di più nell’ultimo anno e mezzo.
Nell’introdurre l’album parte dalla copertina, un adattamento dell’immagine dell’allegro chirurgo con le sembianze di Jovanotti e i boxer a righe della copertina del primo album, correzione suggerita dalla figlia. E in realtà anche l’album è cominciato con un procedimento un po’ anomalo, proprio dal titolo e dalla copertina, come se per costruire una casa si partisse dal tetto. Poi sono venute le canzoni, tutte molto romantiche, afferma, perché la vita specie nell’ultimo periodo è stata immersa nell’amore.
Per realizzare le 15 canzoni, nate tutte durante il periodo di convalescenza, l’artista si è affidato a tre diversi produttori, Dario Faini, meglio conosciuto come Dardust, Michele Canova e Federico Nardelli. Come Jovanotti stesso illustra, tre mondi musicali diversi, nell’ordine ottimo pianista e orchestratore Dardust, creatore di sonorità Canova e spirito più indie-rock Nardelli. Continuando il suo monologo – privo di intervistatore di cui oggettivamente non c’era bisogno, ma aiutato dal prompter, il monitor un tempo chiamato “gobbo” – Jovanotti sciorina poi tutta una serie di attributi del corpo, che dice essere la parola che ha forse più aggettivi e significati di tutte, per arrivare a dire, dopo un paio di minuti di aggettivi e perifrasi, che sembra che il corpo sia superfluo ed invece è tutto. Il successivo ascolto è dedicato alla canzone che dà il titolo al disco, brano che inizia come un sirtaki e va verso la trance, o per dirla con lui, “esplode in un delirio”. Lui, alla sua maniera dinoccolata e singolare, ci balla sopra.
Jovanotti poi, in una forma per me nuova, ma magari già sperimentata da qualcuno, risponde ad una serie di domande dei fan, selezionate e proiettate sullo schermo, domande che vertono su luoghi reali e luoghi immaginari, quando si è rimesso a scrivere, ma soprattutto sull’ironia necessaria a guardare quello che gli è successo in maniera non disperata. Non è solo ottimismo, risponde Jova, il fatto è – parafraso – che il mondo certo è complesso, ma esiste la possibilità della bellezza, della cura reciproca, è possibile incontrarsi e confrontarsi e profeti di sventura e le ricette vuote dei motivatori non funzionano mai. La realtà è stupefacente, il bene esiste, il bene trionferà.
Molte altre cose sono state dette e suonate, fra le quali una cena fra gangster caucasici, la cultura alta e la cultura bassa che non esistono, e poi, live, un’altra canzone dell’album nuovo cantata accompagnandosi solo con la chitarra e a chiudere una versione del secondo singolo Fuoriond, cantato con l’accompagnamento di un sestetto manouche.
Insomma, in conclusione, l’album esce il 31 gennaio, il tour parte il 4 marzo ed è quasi tutto sold out, ma soprattutto il Penso positivo cantato nel singolo del 1993 è ancora la filosofia di vita di Jovanotti 32 anni dopo. Si è però riempito di una consapevolezza nuova, maturata, anzi direi lavata, come purificata dall’esperienza – non certo cercata – del dolore e della sofferenza. È quello che porto a casa di più da questo incontro con l’artista, poi ascolteremo le canzoni e vedremo cosa c’è dentro, ma a me lo spunto di partenza appare sincero. Non mi si fraintenda: è ovvio che stiamo parlando di una superstar strapagata, ma con la voglia di confrontarsi con la vita reale e mettersi in gioco.
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