Il futuro di Julian Assange si deciderà di fronte all’Alta Corte di Londra: qui si è aperta l’udienza dalla quale verrà emessa la sentenza con la decisione definitiva sull’estradizione del fondatore di Wikileaks negli Stati Uniti. Lì poi lo attenderebbe un processo che lo vede imputato per la pubblicazione di 700mila documenti secretati relativi ad attività militari e diplomatiche degli Usa, a partire dal 2010. Le accuse, come spiegano i media statunitensi, se dovessero essere concretizzare in una condanna porterebbero a 175 anni di carcere. Se Londra rigettasse il suo appello, l’unica possibilità che gli rimarrebbe per evitare l’estradizione sarebbe la Corte europea dei diritti dell’uomo.



La moglie del giornalista, Stella, si augura che i giudici decidano di rigettare le richieste americane. In un discorso pubblico ha sottolineato che la decisione dei magistrati “stabilirà in sostanza se lui vivrà o morrà”. Il fondatore di Wikileaks è fortemente indebolito fisicamente e psicologicamente. La sua incarcerazione è avvenuta nel 2019, nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra. Mentre andava in scena l’udienza all’Alta Corte di Londra, fuori dal tribunale si è tenuta una manifestazione con decine di sostenitori.



Julian Assange, la moglie: “Rischia di fare la fine di Navalny”

Gli attivisti radunatisi fuori dall’Alta Corte di Londra hanno parlato da una postazione improvvisata, chiedendo la liberazione di Julian Assange in nome della libertà di stampa e la difesa dei diritti umani. Il giornalista non si è presentato in aula per motivi di salute, come hanno fatto sapere i suoi legali. “Non si sente bene oggi, non è presente”, ha spiegato l’avvocato Edward Fitzgerald senza fornire ulteriori dettagli. L’attivista più volte non si è presentato in tribunale: già in passato aveva preferito videocollegarsi dalla cella, a causa di una condizione di salute precaria come certificato da medici terzi e delegazioni di organizzazioni internazionali, spiega Il Fatto Quotidiano.



Assange è accusato di aver pubblicato oltre 700mila documenti riservati sulle attività militari e diplomatiche americane. Secondo la difesa, si tratterebbe di un caso non ordinario ma politico e come tale escluso dal trattato che regola le estradizioni tra Usa e Regno Unito, spiega Avvenire. Stella Morris, la moglie del giornalista e attivista, in attesa della sentenza definitiva che deciderà il futuro del marito ha dichiarato: “Ciò che è successo ad Alexeij Navalny in Russia potrebbe succedere a lui in America”.