Non c’è ancora un verdetto per Julian Assange. La seconda udienza all’Alta Corte di Londra sull’appello finale della difesa del giornalista, co-fondatore di WikiLeaks, è terminata con un rinvio. Al centro della discussione dei giudici c’è la procedura di estradizione dal Regno Unito negli Usa. A giorni il tribunale dovrebbe decidere sulla vita del 52enne australiano, che come ha sottolineato più volte la moglie Stella, se dovesse essere estradato “morirebbe negli Usa”. I giudici si sono presi del tempo per riflettere sulle argomentazioni contrapposte delle parti.



Anche nella giornata di oggi, così come nella seconda udienza di ieri, Julian Assange non si è visto in tribunale. Il giornalista non si è presentato per via di condizioni di salute sempre più precarie, come accertato da un medico esterno. A comunicarlo, in aula, gli avvocati e la moglie, che nella giornata di ieri hanno spiegato come la sua salute sia sempre più cagionevole, a causa di una dura detenzione nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh che persiste ormai da 5 anni. La stessa WikiLeaks ha dato notizia della mancata presenza del giornalista in aula, pubblicando foto nelle quali Assange appare molto invecchiato, con capelli lunghi e barba bianca.



Julian Assange negli Usa rischia una condanna a 175 anni di carcere

Julian Assange, negli Stati Uniti, rischia una condanna a 175 anni per aver pubblicato documenti riservati del Paese. Se il ricorso del giornalista non fosse accolto, risulterebbero esaurite le possibilità di azione legale presso la giustizia del Regno Unito. Dunque, verrebbe estradato negli Usa. Alla folla che si è radunata davanti all’aula di tribunale, come accaduto anche ieri, Stella Morris, moglie di Assange, ha dichiarato che occorre protestare “dimostrando che il mondo guarda, finché Julian non sarà libero”. Stella ha poi affermato: “La sua vita è a rischio ogni singolo giorno che trascorre in prigione. Se verrà estradato, morirà”. Le condizioni fisiche e mentali del giornalista, infatti, sono sempre più precarie.



Gli Stati Uniti chiedono che il 52enne venga estradato dopo essere stato accusato più volte, tra il 2018 e il 2020, in seguito alla pubblicazione da parte di WikiLeaks, nel 2010, di file relativi alle guerre in Iraq e Afghanistan. Il sito ha reso noti migliaia di documenti segreti del governo di Washington all’inizio dello scorso decennio, in una delle più grandi fughe di dati nella storia statunitense. Queste udienze rappresentato un ultimo tentativo di fronte alla giustizia britannica per bloccare l’estradizione agli Stati Uniti, già autorizzata a livello politico dal governo conservatore di Londra. “Julian è un prigioniero politico e la sua vita è a rischio” ha sottolineato ancora la moglie.