L’alpinista Junko Tabei è celebrata oggi con un doodle di Google. La Tabei cominciò ad appassionarsi alla montagna quando aveva 10 anni, in occasione di una gita scolastica sul Monte Asahi (2.300 metri) e sul Monte Chausu (1.400 metri). Junko mosse i primi passi in salita insieme ai suoi compagni di classe, ma fu l’unica, a quanto pare, a mostrare attitudini di questo tipo. Era solo adolescente quando si affermò come “rivoluzionaria” del tempo: “La maggior parte degli uomini giapponesi della mia generazione si aspettano che la donna stia a casa e faccia le pulizie”, dichiarò in un’intervista del 1991 poi ripresa dal Japan Times. Ma nella sua vita non ci fu solo questa passione. Per esempio, quando era giovane, iniziò a gestire un club per donne specializzato in alpinismo. Nel 1992 divenne ufficialmente la prima donna a scalare le Seven Summits (Everest, Kilimangiaro in Tanzania, Aconcagua in Argentina, del McKinley in Alaska, Elbrus in Russia, Vinson in Antartide e Puncak Jaya in Indonesia). (agg. di Rossella Pastore)
L’ESPERIENZA COL SOPRANNATURALE
Google celebra oggi la nascita di Junko Tabei, alpinista giapponese nota per aver realizzato l’impresa di raggiungere la vetta dell’Everest. In una intervista di qualche tempo prima del suo decesso. L’alpinista spiegò di non aver vissuto molte cose strane in alta montagna anche se ha rivelato un aspetto strano che aveva a che fare con i sogni. “Ogni volta che vado in Himalaya, quasi sempre sogno persone morte da tempo come mio padre, mia madre, mia sorella maggiore”, raccontava senza trovare risposte. “Quando sono in Giappone, semplicemente non appaiono nei miei sogni, ma sull’Himalaya vedo spesso persone del passato ed è piuttosto frequente”, diceva. Nella medesima intervista parlava anche del suo rapporto con il soprannaturale, alla luce di alcune esperienza vissute. “Quando ho scalato per la prima volta Tomur (Jengish Chokusu), un massiccio ai confini tra Cina e Kirghizistan, sono stato spazzato via in un’enorme valanga da oltre 6000 m. Sono sopravvissuta a tre valanghe durante la mia arrampicata”, rivelò. Tre anni dopo la avvicinò una squadra di arrampicata intenzionata a tornare sul medesimo massiccio ma in quel momento Junko avvertì che quella montagna sarebbe stata ricca di pericoli. Nonostante questo la squadra partì ma in tre alpinisti furono uccisi da una valanga. Fino agli ultimi giorni di vita la donna ammise di provare sempre dei sensi di colpa. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
MESSNER “HA FATTO LA STORIA SULL’EVEREST, MA NON SI È MAI VANTATA”
Junko Tabei era una leggenda dell’alpinismo mondiale, e fra coloro che hanno avuto il piacere di incontrarla e di conoscerla, anche il nostro Messner, quello che da molti è considerato il numero uno al mondo delle scalate. I due si incontrarono in svariate occasioni, fra cui nel 2003, in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario della conquista del monte Everest, vetta che sia Tabei quanto Messner, hanno scalato. Tre anni fa, quando la giapponese era venuta a mancare a seguito di una lunga malattia, lo stesso scalatore di Bressanone scrisse un breve trafiletto su La Gazzetta dello Sport, in onore proprio della donna che viene oggi celebrata da Google. Messner ricordava come i due si erano incontrati per la prima volta nel 1975, pochi giorni prima che la Tabei conquistò appunto l’Everest, prima donna nella storia a riuscirci: “Un’impresa che ha fatto storia – scriveva – ma di cui non si è mai vantata”. L’alpinista sottolineava come la Junko sia stata probabilmente la persona che ha conquistato le montagne più alte del maggior numero di paesi, “oltre una sessantina”, e concludeva il suo intervento con le parole “Grande piccola Junko”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
JUNKO TABEI: LA SIGNORA DELLE SCALATE
È inevitabile che qualcuno nel corso della sua incredibile storia personale l’abbia denominata “la signora delle scalate”: Junko Tabei non è solo la prima donna ad aver scalato e conquistato l’Everest, ma è anche una donna ostinata e legatissima alla “comunicazione” e “insegnamento” del valore della montagna e dell’ambiente in generale alle giovani generazioni. Addirittura fino ai 73 anni la donna rappresentata oggi nel Doodle di Google raggiunse praticamente in ogni estate la vetta del Monte Fuji: 3776 metri per la montagna più alta del Giappone, il tutto accompagnando le classi del liceo e altri studenti nella sua città natale (Miharu, nella provincia giapponese di Fukushima) dopo il terribile terremoto e tsunami dello scorso 2011. Prima ai suoi figli e poi alle altre giovani generazioni: l’esempio e l’insegnamento di Junko Tabei riveste un’importanza capitale sul valore e la profondità che il rispetto per l’amato ambiente che ci circonda ancora oggi, quando la “signora delle scalate” avrebbe compiuto 80 anni. (agg. di Niccolò Magnani)
“FISICO TROPPO GRACILE”, MA JUNKO TABEI SCALÒ L’EVEREST
Junko Tabei ha dovuto lottare fin da giovane contro un fisico molto fragile ed esile. I medici, infatti, avevano riferito ai genitori della ragazza che la futura leggenda dell’alpinismo mondiale era un po’ cagionevole di salute. Ciò ovviamente non fu un ostacolo per la piccola Junko, che fin dalla tenera età dimostrò una grinta e una tenacia davvero invidiabili. Ed è proprio nel periodo dell’adolescenza che la piccola Tabei si innamorò delle montagne, precisamente all’età di 10 anni, durante una gita di arrampicata con la classe, sul monte Nasu, un vulcano sito nei pressi della sua città, Miharu. Tabei, dopo il liceo, si è recata a Tokyo lasciando la prefettura di Fukushima per studiare letteratura inglese all’università: “A Fukushima, a quel tempo, non c’erano molte ragazze al liceo e quasi nessuna andava all’università – ricordava Tabei in una vecchia intervista – sono stato un caso eccezionale”. Junko racconta di essersi sentita inferiore parlando con l’accento della provincia, visto che la maggior parte delle studentesse proveniva dalla città. Anche nel periodo universitario la Tabei proseguì il suo hobby per la montagna, trovando un ragazzo nel campus che amava le arrampicate, e incontrando un gruppo di studenti facenti parte di un club alpino. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
JUNKO TABEI, CHI È: L’AMORE PER L’AMBIENTE
Oltre a scalare le vette, Junko Tabei ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a difendere le stelle. Appassionata di ambientalismo, la leggenda giapponese decise di prendersi una seconda laurea all’Università Kyushu di Fukuoka, dopo quella in letteratura inglese a Tokyo, occupandosi di un problema pregnante soprattutto sulle grandi cime del Nepal: quello dell’inquinamento. Già nel 2003, infatti, la Tabei denunciava: “L’Everest è diventato troppo affollato. Adesso ha bisogno di riposo”. Come specificato spesso e volentieri, le centinaia di spedizioni che ogni anno parto verso la vetta del monte più alto al mondo, lasciando dietro di se una scia di rifiuti immane, che ovviamente non giova alle stesse catene montuose, nonché ai pochi animali che abitano in quelle zone impervie del mondo. Tabei ha lasciato quindi in dono ai suoi eredi la cura per l’ambiente oltre che l’amore per le scalate, e sono molte le associazioni che oggi cercando di trovare un modo per risolvere il problema, denunciano l’inquinamento presente. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
JUNKO TABEI, CHI È: IL SUO OBIETTIVO AMBIZIOSO
«La maggior parte degli uomini giapponesi della mia generazione si aspettano che la donna stia a casa e faccia le pulizie», diceva in un’intervista del 1991 Junko Tabei. Se state pensando ad una donna con gli attributi, dovrete obbligatoriamente pensare a lei, alla leggenda giapponese che viene oggi celebrata da Google con un suo Doodle. Avrebbe dovuto compiere 80 anni oggi, ma tre anni fa un tumore se l’è portata via, l’unico ostacolo che Junko non è riuscita a superare. Già perché nel 1992 divenne la prima donna a scalare le “Seven Summits”, che sono le sette cime più alte dislocate per il mondo: dopo l’Everest scalò il Kilimangaro in Tanzania nel 1980, l’Aconcagua in Argentina nel 1987, l McKinley (conosciuto come Denali) in Alaska nel 1988), l’Elbrus in Russia nel ‘89, il Vinson in Antartide nel 1991, e infine, il Puncak Jaya in Indonesia nel 1992. Dopo che le è stato diagnosticato il cancro ha continuato a scalare i monti, perchè era quello che amava e che sapeva fare meglio, con l’obiettivo di mettere la propria bandiera sulle vette più alte di oltre i 190 paesi del mondo. Un’impresa pressoché impossibile, ma Tabei era nata per le sfide e prima di spirare scalò, nonostante la malattia, anche le cime più alte di Niger, Lussemburgo, Belgio e Oman, alimentando ulteriormente il suo mito. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
JUNKO TABEI, CHI È?
Junko Tabei, che avrebbe compiuto oggi 80 anni, è stata molto più di una “semplice” alpinista. Junko Tabei è stata la prima donna a scalare l’Everest, una donna che ha sfidato gli stereotipi di un mondo duro e meraviglioso come quello della montagna e tanto forte e fortunata da sopravvivere a una valanga. Fortunata, sì, perchè la montagna è un luogo dove spesso il destino si compie. E un vero alpinista deve essere disposto ad accettare consapevolmente questo rischio, consapevolmente e responsabilmente. Non è questione di temerarietà, e di questo Junko Tabei era del tutto consapevole. E’ questione di gestire i propri limiti, mettersi alla prova e avere fede e forza sufficienti di poter mettere il piede nell’impronta di coloro che hanno tracciato la via prima di noi. E Junko Tabei aveva questa forma di umiltà, che si traduce in forza. E proprio questo, paradossalmente, l’ha resa in grado di essere la prima donna a giungere alla cima dell’Everest e la prima a scalare le “sette vette”, traguardo che per moltissimi uomini dotati di preparazione fisica e mentale (oltre che tecnica) rimane decisamente un sogno. Junko Tabei, comunque, non ebbe vita facile, nacque in una famiglia piuttosto povera e la passione per la montagna, nata comunque in tenera età, la potè coltivare quasi esclusivamente attraverso la scuola. Per lei in quegli anni, iscriversi a gruppi di alpinismo era impresa piuttosto complessa, visto che per la rigida società giapponese una donna come Junko Tabei avrebbe dovuto indirizzare i propri interessi alla cura della casa e ad avere e allevare dei figli, non certo a scorrazzare sopra gli 8000 metri. E fu così allora che, per seguire le orme di chi la precedeva, Junko Tabei scelse un’altra strada. Ovvero decise di fondare un club alpinistico per sole donne, il “Ladies climbing Club”, appunto.
LA VALANGA E LA CONQUISTA DELL’EVEREST DI JUNKO TABEI
Arrivarono i primi successi, a partire dalla conquista dell’Annapurna III (7500 metri) a quella dell’Everest 5 anni dopo, quando aveva 35 anni. Ma la scalata all’Everest cominciò molto prima di salire il primo metro. Dopo una serie di difficoltà burocratiche per ottenere i permessi dal governo nepalese, Junko Tabei fondò con un gruppo di 15 alpiniste il progetto “Japanese Women’s Everest Expedition”. Il gruppo, guidato da Eiko Hisano, era composto da madri, insegnanti, lavoratrici. Era il primo passo per procedere alla ricerca di chi finanziasse la spedizione. E se già in linea di principio in pochi avrebbero scommesso un soldo bucato su una spedizione di sole donne, figuriamoci se fosse facile trovare sponsor che mettessero “soldi veri” nell’impresa, giudicata se non bizzarra, anche con un pizzico di malevolenza tutta maschile. Junko Tabei aveva già un nome rispettato nell’alpinismo, ma ciò non facilitò la ricerca di sponsor e alla fine la Nippon Television e il giornale Yomiuri Shimbun accettarono di finanziare il progetto. Ma fu una vera e propria scommessa. E la spedizione non fu certo di quelle benedette dalle circostanze nemmeno quando si trattò di affrontare l’ascensione. A quota 6300 metri il campo fu sepolto da una valanga terribile e Junko Tabei fu sepolta e perse addirittura conoscenza. Fortunatamente si riprese in tempo e, ovvimente senza cedere alla tentazione di tornare indietro, si spinse invece verso la vetta che raggiunse con la sua guida sherpa. Questo consacrò Junko Tabei che divenne in Giappone e non solo una vera e propria leggenda vivente.