Sta facendo particolarmente discutere una dichiarazione di Alessandro Del Piero a Sky Calcio Club, il programma di Sky Sport con Fabio Caressa, su Mario Mandzukic. “L’avrei tenuto tutta la vita. Per quello che ha fatto, per come lo fa. La Juventus oggi non ha un giocatore così”. Da esperto conoscitore del mondo bianconero, l’ex capitano sostiene che il croato potesse dare in attacco quel che Gonzalo Higuain al momento non può dare a causa del suo infortunio. Quello della mancata brillantezza per Del Piero è solo “una parte del problema”. L’altra potrebbe essere l’assenza di Ramsey o appunto quella del Pipita che, “come attaccante è quello che riesce a fare quello che Ronaldo, Dybala o chi per loro non riescono a fare giocando in quella posizione. Higuain riesce a far muovere la linea avversaria in un certo modo, quindi creare più spazio tra il centrocampo e la difesa avversaria, lì si possono buttare dentro Ramsey, Khedira e lo stesso Dybala”. L’attaccante croato, dopo aver passato la prima parte della stagione fuori dalla rosa di Maurizio Sarri, è stato venduto in Qatar all’Al Duhail: pochi tifosi della Juventus avrebbero voluto vederlo partire, ma per molti il suo addio è stato necessario. Casomai, è interessante che i commenti vertano sulla bontà della decisione societaria nonostante i bianconeri stiano attraversando un momento buio, segnato dalla sconfitta nella finale di Coppa Italia e le innumerevoli polemiche circa l’operato di Sarri.
“LA JUVENTUS DOVEVA TENERE MANDZUKIC”
Ecco: che il tecnico toscano non sia additato come colpevole della cessione di Mandzukic, non con un plebiscito almeno, fa riflettere: caso diverso rispetto all’addio di Emre Can subito contestato dai sostenitori della Juventus, anche quando le cose giravano decisamente meglio rispetto a oggi. In tanti ricordano a Del Piero (o chi per lui) che Mandzukic dal gennaio 2019 abbia avuto un rendimento prossimo allo zero nelle sorti della squadra, qualcuno si spinge a dire che camminasse in campo. Il croato ha saputo rappresentare come pochi altri l’attaccamento alla maglia: arrivato nel 2015, è stato subito adottato dai tifosi che ne hanno apprezzato e amato lo spirito battagliero e la volontà di non mollare mai. Adattato a esterno tattico da Massimiliano Allegri, non un bomber ma un attaccante capace di segnare nei momenti importanti, senza mai lamentarsi ha sempre fatto il suo; le polemiche circa la sua cessione derivano da due fatti distinti. Il primo: un giocatore con quel carattere e quello spirito di “appartenenza” difficilmente andrebbe salutato, in qualunque contesto. Il secondo: il sacrificio di Mandzukic è di fatto avvenuto in nome di un gioco più qualitativo e veloce, nel quale il croato avrebbe avuto poco da dire sia come prima punta che come laterale.
A fine giugno, la Juventus è in crisi: ancora prima in classifica e in corsa per la Champions League, ma con prestazioni ben al di sotto della sufficienza e tanti dubbi rispetto alle ultime uscite (zero gol nelle due partite di Coppa Italia), per come non riesca a imporre il suo gioco e la propria superiorità. Valeva davvero la pena rinunciare a Mandzukic per questo? Il tema però è più complesso di così: nel calcio le scelte giuste o sbagliate non esistono, non in termini assoluti. Prendiamo Philippe Coutinho: quando l’Inter lo cedette al Liverpool sembrava un giocatore sacrificabile, poi il brasiliano esplose con i Reds e i nerazzurri accusarono la società di scarsa lungimiranza e di vendere i giovani talenti. Oggi sono passati degli anni, e Coutinho è passato da Barcellona e Bayern senza lasciare troppe tracce: chi potrebbe dire che sia un giocatore che l’Inter rimpiange? Per Mandzukic vale lo stesso: se la Juventus fosse la squadra brillante che Sarri e i tifosi sognavano, la sua cessione sarebbe passata sotto silenzio se non addirittura celebrata come sagacia tattica di Sarri. Ora invece è crisi, e dunque è abitudine comune tornare al passato e idealmente rileggerlo secondo la situazione corrente. Nel caso di Mandzukic però, in molti si sono schierati contro la riflessione di Del Piero: segno che, pur con tutti i ringraziamenti per gli splendidi quattro anni, era davvero arrivato il tempo di salutarlo.