Complice il rinvio del Consiglio dei ministri straordinario previsto per domenica, nel week end non c’era nessuno – né alla Presidenza del Consiglio né nei palazzi ministeriali – ad affrontare l’escalation attorno al caso Juventus-Napoli. Eppure era noto già da venerdì che l’Asl partenopea impediva la partenza del Napoli per la presenza di giocatori positivi al Covid; e che la Juventus non aveva nessuna intenzione di accettare un rinvio deciso ad partitam in autonomia dai due club. Gli umori prevalenti nella Lega calcio, la “Confindustria del pallone”, filtravano intanto con chiarezza: resistere-resistere-resistere, the match must go on.



Dopo la conclusione avventurosa dello scorso campionato – al prezzo di tagli significativi nei bilanci – la Serie A non vuole evidentemente arrendersi subito all’idea di altri lockdown: alla prospettiva di un’altra stagione a singhiozzo, già partita ristretta in stadi forzatamente quasi-vuoti. Come altri settori, anche il calcio-business è esposto al rischio di un forte ridimensionamento strutturale, se non di una vera e propria distruzione epocale. La posizione degli “imprenditori del calcio” è apparsa quindi discutibile ma perfettamente allineata con infinite altre. In tutto il mondo  la pandemia ha scatenato tensioni crescenti fra autorità “chiusuriste” e imprenditori/lavoratori in misure importanti “aperturisti”. La questione delle presunte pressioni dal mondo delle imprese per ritardare il lockdown dello scorso marzo in Lombardia è addirittura sul tavolo della Procura di Bergamo.



“Aprire” o “chiudere” uno stadio è – di questi tempi – questione politica per eccellenza: non meno che tenere o no aperta una fabbrica, un negozio, una scuola, una discoteca o una piscina.

Non a caso nell’immediata vigilia del voto del 20-21 marzo, il governatore del veneto Luca Zaia – in tandem con l’emiliano Stefano Bonaccini – aveva imposto come fatto quasi-compiuto al governo una riapertura non solo simbolica degli stadi – con limite a mille spettatori – per l’inizio del campionato. Da allora il dossier-calcio ha assunto profilo politico su un altro versante bollente: quello dei rapporti fra Stato e Regioni. E se Zaia – alfiere dell’autonomia rafforzata – è stato riconfermato in Veneto con una maggioranza senza precedenti, due settimane fa lo è stato in termini schiaccianti anche Vincenzo De Luca in Campania.



Non ha quindi sorpreso più di tanto che il nuovo “super-governatore” del Sud abbia – neppure troppo tacitamente – imposto la sua consolidata linea di prudenza in campo sanitario, approfittando per marcare in via squisitamente politica un salto di leadership amministrativa. E non stupisce neppure che – nella morsa fra l’economia in crisi in un comparto socialmente sensibile e l’avanzata dei governatori – l’esecutivo si sia tenuto alla larga dall’improvviso affaire calcistico. E’ un esecutivo che si accinge a chiedere il rinnovo dei poteri d’emergenza, mentre il premier sta limando l’ennesimo Dpcm restrittivo in vista della Fase 2. Ma su Juventus-Napoli è rimasto silente e inerte.

Il ministro per la Salute, Roberto Speranza, ha sposato nella sostanza la scelta del Napoli di obbedire all’ordine sanitario di isolamento e diserzione della partita (“Meglio stadi chiusi e scuole aperte”): ma si è ben guardato dall’assumersene  qualsiasi responsabilità di governo. Ci ha tenuto a ribadire anzi che la competenza sulla trasferta del Napoli era esclusiva della sanità campana, quindi del governatore De Luca.

Sono passate d’altronde appena tre settimane da quando il governatore della vicina Sicilia, Nello Musumeci, aveva usato i suoi poteri in campo sanitario per ordinare la chiusura del centro di prima accoglienza di Lampedusa, ritenuto una “bomba-Covid”. Il governo allora ha reagito inizialmente con un certo affanno sul piano legale, ottenendo comunque dal Tar la sospensione dell’ordinanza di Musumeci. Ma il Viminale ha preso poi una decisione operativa, anche se “tampone”. quella delle navi-quarantena per i migranti accolti, riconoscendo le ragioni di fatto del governatore.

Vedremo se e come il Conte-2 – in particolare con Speranza e il collega allo Sport, Vincenzo Spadafora – vorrà dipanare una matassa molto più spessa e ingarbugliata dell’assegnazione di tre punti a tavolino alla Juventus e di uno di penalizzazione al Napoli.