E’ un’intervista a cuore aperto quella di Kabir Bedi, attore pakistano di fama internazionale, che nella giornata di ieri ha rilasciato la sua autobiografia Mondadori, “Storie che vi devo raccontare – La mia avventura umana”. Per l’occasione è stato raggiunto dai microfoni del Corriere della Sera, con cui ha ripercorso la sua lunga carriera, a cominciare dagli esordi… con i Beatles: «Il giorno che mi cambiò la vita? Quando intervistai i Beatles a New Delhi. Avevo vent’ anni. Lavoravo in una radio per pagarmi il college. Fu uno scoop clamoroso, che la radio non capì: cancellarono il nastro. Fu un tale choc, che mi misi su un treno con sole 700 rupie in tasca e andai a cercare fortuna a Mumbai». Un’altra tappa importante fu il giorno del provino per Sandokan, ruolo che lo consacrò definitivamente anche in Italia: «A Mumbai diventai pubblicitario, non pensavo di fare l’attore, ma mi trovai a recitare in film e a teatro, dove interpretai Tughlaq, un re pazzo. Il sipario si alzava su di me, nudo, di spalle. Tutta la città parlava di quella scena. Quando arrivò il regista Sergio Sollima con la troupe, cercando un attore alto, atletico, tutti fecero il mio nome».
Ma come è stata l’infanzia di Kabir Bedi: «Ero il figlio di due genitori incredibili: mia madre era inglese, mio padre indiano, studiavano insieme a Oxford e li univa il desiderio di aiutare i poveri e combattere il colonialismo. Papà discendeva del fondatore della religione sikh, ma rinunciò alle sue ricchezze e andammo a vivere in capanne senza luce, senza acqua, per solidarietà alla popolazione. Mia madre finì in prigione perché guidava le manifestazioni di Gandhi. Papà è stato un filosofo, ha scritto libri, è stato un guaritore. Mia madre divenne una suora buddista del più alto grado: fu lei a insegnare l’inglese ai Lama, così che il buddismo si diffondesse nel mondo. Sono stati scritti tre libri su di lei». Nel corso della sua carriera ha interpretato ruoli in centinaia di film, e fra le tante scene girate anche una particolarmente pericolosa, quella in 007: «Ho rischiato la pelle solo girando Il corsaro nero : il galeone affondò e stavo per annegare nei miei stivali».
KABIR BEDI: FRA I 4 MATRIMONI E IL SUICIDIO DEL FIGLIO
Tanti film ma anche tanti matrimoni, ben quattro: «Un poeta ha scritto che, se una storia non può procedere, va fermata nel punto più bello lungo la strada. Oggi, con Parveen ho l’amore sempre cercato. Ero in Italia a girare Un medico in famiglia quando le chiesi di sposarmi».
La conclusione dell’intervista Kabir Bedi la dedica al figlio Siddarth, morto suicida all’età di 25 anni: «Gli diagnosticarono la schizofrenia mentre si laureava alla Carnegie Mellon. Era un genio della tecnologia. Ho fatto di tutto per salvarlo. Ricordo le passeggiate a Santa Monica: stordito dai farmaci, soffriva perché non sentiva più il sapore delle cose di tutti i giorni. Il suo desiderio non era di essere genio, ma di essere normale. Noi dimentichiamo che esperienza straordinaria sia la normalità».