Le campagne elettorali si basano sul promettere agli elettori ciò che vogliono sentirsi dire, non necessariamente su ciò che hanno in realtà bisogno di sapere, e in questo Kamala Harris non fa eccezione. Lo dimostra il suo programma economico, che sembra essere stato pensato proprio per rispondere alle lamentele dei cittadini americani, che si sentono schiacciati dai prezzi elevati dei beni e dei servizi. Infatti, l’agenda economica dell’attuale vicepresidente Usa, in corsa per prendere il posto di Joe Biden alla Casa Bianca, viene definito come «altamente populista» da Bloomberg, perché promette di «ridurre i costi per le famiglie americane», ma contiene misure che in realtà appaiono irrealistiche.



«Il problema della maggior parte del suo programma è che si basa sulla regolamentazione dei prezzi e sulla concessione di sussidi per aiutare gli americani a far fronte ai costi elevati», scrive Robert Burgess, direttore esecutivo di Bloomberg Opinion, ex redattore esecutivo globale responsabile dei mercati finanziari per Bloomberg News. La politica economica della candidata democratica Kamala Harris prevede qualcosa di simile a un controllo dei prezzi dei generi alimentari. Una buona idea in teoria, la pratica è un’altra storia, basterebbe ricordare «i risultati disastrosi dei controlli sui prezzi ordinati dal presidente Richard Nixon nell’agosto 1971 per combattere l’inflazione».



Infatti, riuscì a vincere le elezioni nel 1972, ma finì per esacerbare l’inflazione creando una carenza di beni. In realtà, una soluzione migliore secondo il giornalista di Bloomberg sarebbe quella di «promuovere una maggiore concorrenza tra i droghieri e i loro fornitori, nonché di rafforzare le catene di approvvigionamento e ridurre le regolamentazioni».

KAMALA HARRIS, POLITICA ECONOMICA NON CONVINCE BLOOMBERG

Oltre al costo dei generi alimentari, i cittadini americani lamentano gli alti costi degli alloggi, dovuti all’aumento del valore delle case e ai tassi ipotecari più alti. In risposta a ciò, Kamala Harris vuole dare fino a 25mila dollari di crediti di imposta a chi acquista una casa per la prima volta. Si tratta di una grande espansione di un programma presentato dal presidente Joe Biden, che proponeva un credito d’imposta di 10mila dollari per chi acquista una prima casa. Quindi, oltre un milione di acquirenti che hanno una storia di due anni di pagamenti puntuali dell’affitto avrebbero diritto al “sostegno per l’acconto“.



Anche in questo caso per la testata economica si tratta di «un’idea grandiosa in teoria, ma potenzialmente disastrosa in pratica», perché uno dei possibili effetti è che gli alloggi potrebbero essere meno accessibili, facendo salire i prezzi. Del resto, il vero problema del mercato immobiliare in questo momento non è tanto la domanda quanto l’offerta.

Secondo Burgess gli americani non necessitano di aiuti per l’acquisto di una casa, «ma di una maggiore offerta che contribuisca a ridurre i prezzi offrendo loro una scelta più ampia». Infatti, ci sono stime in base a cui mancano 3 milioni di case per soddisfare la domanda Usa, ma l’inventario di case in vendita rimane vicino ai minimi storici nei dati che risalgono agli anni ’90.

IL PESO DEL PROGRAMMA ECONOMICO SUI CONTI PUBBLICI

Bloomberg riconosce che l’agenda economica di Kamala Harris prevede la costruzione di 3 milioni di nuove unità abitative nei prossimi quattro anni per risolvere questo problema, ma per raggiungere questo obiettivo, vuole offrire incentivi fiscali ai costruttori per la costruzione di case, senza specificare quanti e quali, e vuole ridurre la burocrazia che attanaglia i costruttori.

Promossa anche l’idea di espandere il credito d’imposta per le famiglie con bambini, d’altra parte la testata segnala che «nulla è gratuito e questi programmi costeranno probabilmente cari al governo in un momento in cui ci si arrovella sulla sostenibilità di deficit di bilancio da mille miliardi di dollari e sull’indebitamento che ha portato il debito nazionale a 35 mila miliardi di dollari».

Infatti, il Comitato apartitico per un bilancio federale responsabile stima che in totale il piano economico di Kamala Harris aumenterebbe i deficit di bilancio di 1.700 miliardi di dollari in un decennio, e il costo salirebbe a 2mila miliardi di dollari se le politiche abitative temporanee fossero rese permanenti.

NEI SONDAGGI TRUMP AVANTI PER L’ECONOMIA

Anche i sondaggi parlano chiaro. Secondo una nuova rilevazione di ABC News/Washington Post/Ipsos, la vicepresidente Kamala Harris si appresta ad affrontare la sua convention per la nomination questa settimana in testa all’ex presidente Donald Trump di un solo punto percentuale, ma il tycoon mantiene il vantaggio sui due temi elettorali più citati nel sondaggio – l’economia generale e l’inflazione – ed è in testa anche su un terzo – l’immigrazione – mantenendo quindi la sfida per la Casa Bianca molto combattuta.

Nello specifico, Trump è in vantaggio di 9 punti su Kamala Harris per quanto riguarda la fiducia nella gestione dell’economia e dell’inflazione, mantenendo più o meno la sua posizione su questi temi rispetto a Biden il mese scorso. Trump è anche in vantaggio su Kamala Harris, di 10 punti, per quanto riguarda la fiducia nella gestione della situazione dell’immigrazione al confine tra Stati Uniti e Messico, contro i 14 punti di vantaggio di Trump a luglio.