KAMALA HARRIS È LA CANDIDATA “IN PECTORE” PER LA CASA BIANCA: ECCO CHI LA FINANZIA
«Batterò Trump» ma il 53% degli elettori dem è tutt’altro che convinto: Kamala Harris da poche ore è la candidata “in pectore” del Partito Democratico americano dopo il clamoroso (per tempistica, non per contenuto) ritiro di Joe Biden dalla corsa alle Elezioni Presidenziali Usa 2024, ma la sua convinzione di poter battere il candidato repubblicano si infrange su tanti temi incerti che albergano nel prossimo futuro Dem. Dopo aver sentito per quasi 10 ore oltre 100 leader e vertici del partito “anti-GOP”, Kamala Harris dovrà far la conta dei finanziatori e dei sostenitori in vista della convention dem di fine luglio che dovrebbe incoronarla nuova candidata alla Casa Bianca.
Il condizionale è d’obbligo visto che il ritiro di Biden dopo un lunghissimo pressing da molte anime del partito ha portato al sostegno “forzato” sulla vicepresidente che non sembra riscuotere piena fiducia dal partito, o almeno da tutto il fronte compatto al Congresso: «se sei con noi, fai una donazione alla sua campagna qui», così il Presidente uscente ha rilanciato il link per le donazioni alla nuova candidata “in pectore”. Ad oggi, come evidenzia il Financial Times e Startmag, i finanziatori certi di Kamala Harris sono Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, intenzionato a battere Trump con ogni mezzo e spesa. «Ha intenzione di donare a sostegno della candidatura di Harris una cifra ancora maggiore di quella che ha versato quando ha sostenuto Biden rispetto a Trump», riporta la CNBC con fonti vicine a Hoffman.
CHI HA GIÀ DECISO DI SOSTENERE KAMALA HARRIS E CHI VUOLE LE PRIMARIE: IL “FATTORE OBAMA” METTE PANICO TRA I DEM
Con Kamala Harris anche Brad Karp della società di consulenza legale Paul Weiss ma soprattutto il magnate “liberal” George Soros, con l’annuncio del figlio Alex poche ore dopo il ritiro di Biden: «È tempo che ci uniamo tutti attorno a Kamala Harris e sconfiggiamo Donald Trump. È la candidata migliore e più qualificata che abbiamo. Lunga vita al sogno americano», ha twittato il figlio dell’imprenditore di origini ungheresi. In poche ore la raccolta fondi complessiva per Kamala Harris si è fermata a 46,7 milioni di dollari, anche grazie all’intervento diretto di Rogert Altman, fondatore della banca Evercore, e il produttore di Broadway a New York Mark Cortale.
Dai donatori a chi effettivamente la sosterrà a livello politico all’interno del Partito Democratico, il passo è breve ma tutt’altro che “semplice”: Biden nel suo comunicato iniziale della Casa Bianca si è “dimenticato” di segnalare il suo sostegno alla vicepresidente, correggendo poco dopo con un tweet su X dove segnala anche il link per le donazioni. Con Kamala ci sono la famiglia Clinton, l’ex speaker Nancy Pelosi ma manca all’appello al momento il nome più influente e chiacchierato degli ultimi tempi: Barack Obama ufficialmente non ha dato il suo endorsement a Kamala Harris, rilanciando invece l’ipotesi di primarie “lampo” alla convention dem per scegliere il candidato più adatto da contrapporre a Donald Trump. «Ho una straordinaria fiducia – ha scritto l’ex Presidente – che i leader del nostro partito saranno in grado di creare un processo dal quale emergerà un candidato eccezionale». Al di là di quale strategia abbia in testa il “clan Obama” per il candidato Dem (ancora dagli Usa smentiscono l’ipotesi della moglie Michelle come nuovo nome in extremis per la Casa Bianca), il mancato appoggio a Kamala Harris fa trasparire una compattezza inesistente tra i Dem per i destini immediati della campagna elettorale. E l’elettorato, che viene da settimane di caos per le condizioni di Biden e lo scontro interno al partito, non può non essersene accorto…