PRIMARIE O NOMINATION IMMEDIATA PER KAMALA HARRIS? IL REBUS DEM VERSO LA CONVENTION

Mentre dai media Usa viene rilanciata la notizia in queste ore del discorso alla nazione che terrà il Presidente Joe Biden nella giornata di mercoledì 23 luglio, tutte le attenzioni si sono ormai spostate su Kamala Harris e sulla “corsa” alla nomination nella convention dem prevista per il 19 agosto 2024 a Chicago: da stamane in sostanza l’attuale vicepresidente “designata” da Biden per la corsa alla Casa Bianca avrebbe conquistato la maggioranza dei delegati necessari per ufficializzare la nomination contro il candidato repubblicano Donald Trump.



Dei 1976 delegati necessari minimi, Kamala Harris ne avrebbe almeno 2300 che sarebbe riuscita a convincere nelle ultime ore, ma questo non la pone automaticamente come nome unico del Partito Democratico: nelle prossime ore infatti i vertici Dem si ritroveranno con il Comitato Nazionale Democratico (DNC), per capire se vi sia margine per organizzare un sorta di votazione online delle delegazioni entro il 7 agosto. Con le donazioni che hanno superato i 100 milioni di dollari in 48 ore e con la maggior parte dei Governatori Dem che hanno già dato il sostegno ufficiale a Kamala, l’ultimo nodo da sciogliere è la scelta da porre tra una nomination “lampo” e unica, o appunto le mini-primarie per far scegliere i delegati prima della Convention di mezzo agosto. Questo secondo tema sarebbe quello favorito di Barack Obama, di fatto il vero grande assente nella lunga lista di endorsement guadagnati dalla ex procuratrice della California dopo il ritiro di Biden.



COSA CAMBIERÀ KAMALA HARRIS RISPETTO AL PROGRAMMA DI BIDEN

Quello della nomination resta un rebus non tanto per l’esito, che pare alquanto scontato con Kamala Harris unico nome in grado di sfidare Donald Trump a novembre, ma per le modalità con le quali il Partito Democratico si pone nei confronti della attuale vicepresidente, tutt’altro che “amata” in questi anni da elettorato e parte dei vertici Dem. L’attesa è tutta per la scelta del potenziale vicepresidente di Harris da contrapporre al repubblicano J.D. Vance, così come un chiarimento è richiesto dalla base democratica per capire quale sarà l’effettivo programma “lampo” da presentare per smarcarsi dalle posizioni del Presidente Biden.



Più moderata del suo “mentore” sul fronte sicurezza, molto più spinta sul fronte legale-giudiziario, decisamente più progressista su diritti civili e ambiente, tutta da valutare invece sul dossier fallimentare che lei stessa ha gestito durante i 4 anni alla Casa Bianca, ovvero le migrazioni: a differenza di Biden, Harris punterà con maggior forza sulla contrapposizione del GOP per le legislazioni sull’aborto, tentando di modificare la sentenza della Corte Suprema con una legge da approvare al Congresso (sempre che vi sia una maggioranza Dem dopo le Presidenziali di novembre).

Sul fronte armi, Kamala Harris punta al divieto in molti Stati anche grazie al possibile vice che potrebbe scegliersi, ovvero il Governatore della Pennsylvania Josh Shapiro: favorevole al divieto totale del “fracking” (la tecnologia che alimenta il boom di petrolio e gas naturale), orientata ad un nuovo “Green New Deal” americano, ma anche prudente sul fronte di politica estera con il proseguimento della linea Biden su Ucraina e Medio Oriente. Il suo programma potrebbe prevedere ulteriori provvedimenti “oltranzisti” contro i monopoli cinesi, così come non è da escludere una campagna spinta contro la pena di morte (in lieve ambiguità con la sua fama di “poliziotta dal pugno duro” quando era procuratrice generale della California. Spinta animalista (contro i grandi gruppi agricoli) e forte sostenitrice della necessità di ridurre il debito studentesco: Kamala Harris ha quasi un mese di tempo per presentare ai suoi stessi delegati un programma in grado di convincerli che possa essere davvero l’unica vera alternativa Dem da lanciare alla corsa per la Casa Bianca nei prossimi 4 anni. I sondaggi la vedono per ora in svantaggio contro Trump ma questa campagna elettorale finora ha dimostrato un grado di imprevedibilità forse come mai nella storia degli Stati Uniti d’America.