Mentre entra sempre più nel vivo lo scontro tutto italiano tra governo e magistratura dopo la lunga (e certamente ancora aperta) questione del rilascio del libico Osama Almasri Habish Najeem, tornano a far rumore i legittimi dubbi sui conflitti di interesse che riguardano la figura del procuratore della CPI Karim Ahmad Khan: scelto per ricoprire l’importante ruolo nel febbraio del 2021, proprio lui avrebbe deciso di intraprendere l’azione penale internazionale contro il libico Almasri chiedendone – come ben si saprà – l’arresto all’Italia durante il suo recente viaggio a Torino; ma più che questi ormai notissimi aspetti è interessante soffermarci sul curriculum lavorativo di Karim Ahmad Khan.
Prima di diventare procuratore della CPI – infatti – Karim Ahmad Khan sembra aver svolto degli importanti lavori in qualità di avvocato difensore per alcune delle più controverse figure storiche e politiche degli ultimi anni: tra questi (e a breve lo vedremo nel dettaglio) figurano il secondo figlio dell’ex leader libico Gheddafi – Saif Al Islam Gheddafi – e l’attuale presidente keniota William Ruto; entrambi accusati dalla stessa Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità.
Tutti i dubbi sul procuratore della CPI Karim Ahmad Khan: da Gheddafi a Ruto, cosa sappiamo
Verrebbe da dire che fino a qui non sembra esserci nulla di strano, in fin dei conti Karim Ahmad Khan è stato a lungo un noto e rispettato avvocato che (come buona parte dei suoi colleghi) sarà certamente stato a libro paga di criminali incalliti interessati ad evitare questa o quell’altra accusa pendente sul loro capo; ma l’intera vicenda assume un aspetto completamente diverso se dal passato ci spostiamo a quello che è successo dopo il 2021 e l’elezione dello stesso Khan alla CPI.
Se da un lato – infatti – prima di diventare procuratore Karim Ahmad Khan aveva cercato di ottenere (senza successo) lo stralcio di ogni accusa nei confronti di Gheddafi Jr, dall’altro dal 2021 ha più o meno scientemente ignorato di rispolverare il suo fascicolo lasciandolo sommerso in un cassetto dimenticato del suo ufficio; mentre al contempo in virtù del suo ruolo attivo nella difesa di Ruto su spinta di alcune ONG keniote dopo il suo insediamento ne è stata riconosciuto il chiaro conflitto d’interessi e gli è stato vietato di occuparsi di tutti i procedimenti legali che riguardano il Kenya.
Resta solamente una domanda a cui rispondere (e non spetta né a noi, né a voi farlo): può veramente una figura controversa e che mostra già due evidenti conflitti di interessi quale è il procuratore Karim Ahmad Khan occupare un ruolo tanto importante e delicato all’interno della CPI, decidendo – peraltro – personalmente quali soggetti vanno perseguiti, catturati ed eventualmente processati?