Karima El Mahroug, conosciuta come Ruby, ha commentato ai microfoni di RTL 102.5 in “Non Stop News” la sua assoluzione nonché quella di Silvio Berlusconi e degli altri ventisei imputati all’omonimo processo per corruzione di atti giudiziari. “È una liberazione, mi sento carica perché posso riprendere in mano la mia vita. Il nome Ruby non mi ha mai rappresentata, è stata solo una invenzione. Lo scelsero semplicemente perché era il mio nickname su Facebook. Quando fu montato tutto il teatro, fu preso dalla stampa e utilizzato ingiustamente anche nelle aule di tribunale. Per tanti anni ho perso la mia identità ed ora essere chiamata col mio vero nome è già tanto”.
La donna ha rivolto anche un pensiero al leader di Forza Italia. “Non ho avuto ancora modo di sentire Silvio Berlusconi. Non era fra le mie priorità, ma spero che ci sarà la possibilità prossimamente perché sono contenta della sua assoluzione. Questi tredici anni mi hanno distrutta, ma sicuramente hanno distrutto anche lui. È una vicenda che meritava esclusivamente questa fine”. Karima El Mahroug, se potesse tornare indietro a quel 14 febbraio 2010, non entrerebbe però nella casa del politico, da cui si è scatenata la vicenda. “Io sono grata di avere fatto la sua conoscenza perché mi è stato vicino, ma col senno di poi sono pentita perché è stato l’inizio di un incubo. Ero al posto giusto, ma nel momento sbagliato. È stato tutto strumentalizzato”.
Karima El Mahroug: “Ruby è sempre stata invenzione”. Il libro
Karima El Mahroug ha parlato anche del suo libro, intitolato proprio “Karima”, dove racconta la sua difficile vita, inclusa la parentesi da Ruby. “Ho voluto mettere un punto a questi tredici anni, che sono stati un macigno. È stato un difficile viaggio nel mio io più profondo, mi è servito a dare voce a me stessa dopo che per anni avevo permesso a tutto il mondo di definirmi. La mia speranza è che anche la gente possa conoscere tutta la mia storia. Io non sono soltanto quel capitolo raccontato male”, ha affermato a RTL 102.5. In quelle pagine, la donna narra di sé dall’inizio alla fine.
L’infanzia non è stata semplice, tanto quanto l’adolescenza. “A 9 anni sono arrivata in Italia, avevo già subito alcuni traumi. A 17 anni avevo già girato diciotto comunità. Mi sono destreggiata e sono cresciuta prima del tempo. Non ho goduto della spensieratezza tipica di quell’età. Le bugie erano una difesa nella vita difficile di strada che avevo. È stato un metodo che ho utilizzato finché non mi sono potuta permettere il lusso di non difendermi più”. Con il caso relativo a Silvio Berlusconi è sprofondata nel baratro. “Ero una ragazzina, sono uscita di casa e avevo tutto il mondo a guardarmi. La mia faccia era in ogni edicola con sopra l’attributo di prostituta. Ho trascorso un mese chiusa in casa da sola. In tanti avrebbero fatto altro, qualcuno si sarebbe suicidato”. Lei invece è andata avanti e dopo l’assoluzione può pensare al futuro. “Non ho mai fatto programmi a lungo termine, ma piccoli passi per stare in piedi. Devo ancora abituarmi a questa sensazione di liberà, spero la vita mi riservi del bello dopo anni di sofferenza”, ha concluso.