Kasia Smutniak è pronta a dire addio al cinema, o almeno alla recitazione. Sulle pagine de La Stampa, l’artista spiega di essere pronta a cambiare: “Sono entrata in un’altra fase della vita e ho sentito l’esigenza di smettere. Ci avevo provato anche prima, ma ogni volta mi bloccavo e risalivo sulla giostra, come un criceto. Non voglio più fare l’attrice e penso sia la decisione più punk che ho preso finora, anche perché l’ho maturata in un momento bellissimo della mia carriera”.
La decisione è arrivata dopo l’esordio alla regia con “Mur”, un documentario sul ruolo della Polonia nel corso della guerra tra Russia e Ucraina: “Da più di vent’anni racconto storie e ho creduto davvero, ogni volta, che valesse la pena raccontarle. A un certo punto la realtà che mi circondava, le persone che incontravo, le loro vicende, mi sembravano più interessanti di quelle che mi capitava di interpretare”. Così, l’attenzione di Kasia si è rivolta più verso l’esterno, verso quello che succedeva fuori.
Kasia Smutniak: “Il mio ritiro? Non ci ha creduto nessuno”
Dopo aver deciso di dire addio alla recitazione, Kasia Smutniak lo ha annunciato in famiglia: “Non ci ha creduto nessuno. Poi l’ho detto alla mia agente, all’ufficio stampa, a chi lavora con me. Non credo che l’abbiano capito tutti, probabilmente pensano sia una cosa passeggera”. Da quel momento, ha detto una serie di “no” a chi le proponeva ruoli, inventando scuse con registi e produttori. A cambiarla è stata anche la regia del documentario “Mur”: “Quel periodo ha provocato in me uno sdoppiamento che non scorderò mai”, racconta a La Stampa.
Nata in Polonia, Kasia ha lasciato il Paese a 18 anni: “Sono arrivata in Italia dove ho cercato subito di adeguarmi alla nuova realtà che mi circondava. Da polacca avevo la sensazione che tutto quello che si trovava fuori dalla Polonia fosse, in ogni caso, migliore. Provavo una specie di stupido senso di inferiorità”. Dopo la morte del compagno, Pietro Taricone, Kasia Smutniak ha lavorato duramente per rialzarsi: “Quando è successo, la cosa più difficile è stata rimanere qui, in Italia. Sarebbe stato più facile tornare nel mio Paese”. Così, però, non è stato.