Da un mese, Kata è scomparsa e non si trova più. “Faremo di tutto per trovare la mia. Se non mi ascoltano, io continuerò a fare manifestazioni e tutto ciò che posso fare fino a trovarla” dice la mamma a Quarto Grado. Katherine Alvarez spiega ancora: “Collaboriamo sempre, parliamo con la polizia. Ma è un mese che non sappiamo niente di mia figlia”. Poi un appello: “Anche se l’hanno presa per sbaglio, per errore… Lasciatela andare, per favore. Fatemela sentire, mandatemi un video. Per favore, prego questa persona che ha mia figlia, di farmi sentire che è viva”.



La mamma spiega ancora: “Al fratellino manca sua sorella. Lui sa tutto quello che è successo”. Lunedì sarà un mese dalla scomparsa di Kata e la famiglia ha organizzato una manifestazione alle ore 21. “Spero che tutti vengano. Le mamme peruviane, fiorentine… Io voglio solo stare insieme a mia figlia, riabbracciarla”, conclude Katherine davanti alle telecamere.



I sospetti legati al racket delle camere

In Perù, attraverso la tv “24Horas”, il nonno di Kata, David Alvarez, ha dichiarato: “Mia figlia si sente sola. Io come padre sono disperato e preoccupato per questa situazione. Chiedo un volo per l’Italia per poter aiutare mia figlia perché lei si sente sola e triste. Quello che so è che l’hanno vista salire su un autobus insieme a una coppia. Ed era vestita in modo diverso rispetto a come era vestita prima”. Anche Abel, zio di Kata, alla stessa tv ha parlato di un rapimento da parte di una coppia di origine peruviana. Quarto Grado si interroga sul perché tali rivelazioni siano arrivate ad una tv peruviana, quando ai media italiani, invece, lo zio Abel non ha mai rilasciato dichiarazioni in tal senso, anzi, si è sempre mostrato piuttosto taciturno: si tratta di una maniera di far arrivare un messaggio a qualcuno?



Gli investigatori, intanto, proseguono le indagini: analizzeranno 1.400 telecamere ma non soltanto. Sono stati presi in esame anche i tabulati telefonici nella zona dell’ex Hotel Astor dove la famiglia di Kata risiedeva insieme ad altre peruviane e di altre nazionalità. I riflettori sono accesi sul racket di affitti nell’ex albergo: potrebbe essere questo il motivo che avrebbe spinto qualcuno ad attuare una vendetta nei confronti della famiglia della piccola? Il nome dello zio, Abel, sarebbe stato più volte accostato a colui che gestiva il racket, una sorta di “boss” dell’ex Hotel Astor, un certo Carlos. È qui la chiave del rapimento della bambina?