Le analisi sul sangue rilevato dai Carabinieri su alcuni rubinetti nell’ex hotel Astor di Firenze non appartengono alla piccola Kata, la bimba di 5 anni scomparsa dal 10 giugno scorso in circostanze misteriose. La conferma, riporta Chi l’ha visto?, sarebbe arrivata poche ore fa e sarebbe contenuta nelle conclusioni del consulente della Procura, Ugo Ricci, incaricato degli accertamenti genetici sui tamponi repertati in tre stanze della struttura in cui la minore viveva con la famiglia prima che di lei si perdesse ogni traccia.



E non sarebbero state trovate tracce biologiche di Kata nemmeno nei due trolley e nel borsone sequestrati a tre dei cinque indagati per il sequestro della bambina: non ci sarebbe evidenza di Dna riconducibile alla bimba. L’ex albergo fu sgomberato il 17 giugno, una settimana dopo la scomparsa della minore, per consentire una ispezione profonda dei locali. La Procura di Firenze avrebbe disposto ulteriori controlli, compresi scavi e carotaggi, per escludere definitivamente che vi siano stati interventi strutturali successivi alla sparizione di Kata per agevolare il rapimento o, peggio, per occultare il corpo. Al momento tutte le piste sono ancora in ballo e resta in piedi anche la più terribile delle ipotesi, cioè che la bambina sia stata uccisa.



Il giallo di Kata continua: nuovo appello dei genitori

Il giallo di Kata non trova quindi soluzione nelle analisi sul materiale ematico individuato dagli inquirenti su alcuni rubinetti di tre stanze dell’ex Astor. Nessuna traccia di sangue o Dna della bambina nemmeno nelle valigie che inizialmente si ipotizzava potenzialmente utilizzate per un trasferimento della minore fuori dalla struttura nell’immediatezza del sequestro. Il mistero appare ancora intricato e denso di interrogativi senza risposta, domande che i genitori rilanciano nei loro appelli davanti alle telecamere: “Qualcuno sa, dica la verità“. Sono al momento cinque le persone iscritte nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta fiorentina sul rapimento di Kata. Tra loro due zii della bambina, uno paterno e uno materno, che il papà e la mamma di Kata difendono a spada tratta. Non sarebbero coinvolti nella scomparsa, sostengono, e avrebbero già riferito agli inquirenti quanto saprebbero sulla vicenda.



Pochi giorni fa, nel caso si è insinuata una testimonianza che potrebbe assumere una rilevanza notevole ai fini investigativi: l’amichetta con cui Kata avrebbe trascorso gli ultimi istanti prima di sparire, inizialmente creduta coinvolta in un litigio con lei, potrebbe aver assistito al rapimento. La madre avrebbe frainteso il pianto disperato di sua figlia nel primo pomeriggio del 10 giugno scorso, attribuendolo a una presunta lite tra bambine, e avrebbe inizialmente sottovalutato una frase pronunciata dalla piccola: Mamma, il lupo ha preso Kataleya“. L’Associazione Penelope, che si occupa di casi di scomparsa su tutto il territorio nazionale, ha diffuso poche ore fa un’immagine ricostruita dall’antropologa forense Chantal Milani e che, secondo quanto descritto, potrebbe rappresentare l’aspetto della bambina “camuffata” dopo la scomparsa, nell’ipotesi che qualcuno possa aver tentato di nasconderla. “Abbiamo chiesto alla dottoressa Chantal Milani, antropologa forense – si legge nella didascalia a corredo della foto –, di aiutarci a ricostruire una immagine di Kataleya un po’ camuffata, nell’ipotesi di una tentativo di nascondere la sua fisicità di bambina”.