I genitori di Kata, la bimba di 5 anni scomparsa a Firenze il 10 giugno scorso, sono disperati. Poche ore fa un nuovo appello del padre e della madre della minore, Miguel Angel e Katherine, ai microfoni di Chi l’ha visto? nella speranza che chi sa qualcosa si faccia avanti. Il papà di Kata, in lacrime, ha chiesto aiuto a tutti sottolineando di vivere un inferno da quasi un mese. La famiglia della bambina si è detta insoddisfatta dall’assenza di risposte, ma il lavoro degli inquirenti è incessante e prosegue nel massimo riserbo per evitare compromissioni nelle indagini.
L’inchiesta sulla sparizione di Kata dall’ex hotel Astor, in cui viveva con la mamma, è apparsa immediatamente complessa. Le attività di perquisizione, condotte nella struttura e in edifici limitrofi ritenuti di potenziale interesse investigativo, finora non avrebbero portato alcun esito. Al vaglio di chi indaga non solo testimonianze e luoghi, ma anche Dna degli ex occupanti della struttura (decine di famiglie che vivevano abusivamente nell’ex albergo) e le telecamere che insistono nella zona e che potrebbero aver ripreso sequenze o rumori utili a trovare la soluzione del giallo. I genitori di Kata si sono affidati al generale Luciano Garofano nominandolo loro consulente per condurre attività d’indagine di parte.
La disperazione del padre di Kata: “Ci dovete aiutare tutti”
Poche ore fa, Chi l’ha visto? ha mandato in onda l’ennesimo, drammatico appello del padre di Kata, in corteo per le vie di Firenze per chiedere aiuto per la sua piccola scomparsa da quasi un mese. Miguel Angel, in preda a un pianto disperato, ha rivolto le sue parole ai presunti rapitori della bimba, da sempre convinto che sia stata sequestrata: “Qualcuno ha visto e deve parlare, mia figlia è una bambina di 5 anni e da oltre 20 giorni non sappiamo nulla. Non si deve toccare la bambina. Siamo disperati, dovete aiutarci tutti. Cosa vuoi che faccia? Vuoi che mi ammazzi? Vogliamo risposte”.
La madre di Kata, pochi giorni fa, davanti alle telecamere ha dichiarato di non riuscire neppure a immaginare l’ombra di un movente dietro il presunto rapimento della figlia. “Quello che posso dire è che noi non c’entriamo niente, non avremmo mai potuto fare del male alla nostra bambina. Capisco che qualcuno possa pensare questo, ma noi non sappiamo perché l’hanno presa“. Sul fronte investigativo, il silenzio degli inquirenti coincide con una intensa attività di indagine che punta in ogni direzione: al momento, non ci sarebbe una pista privilegiata e tutti gli scenari restano sul tavolo delle ipotesi.