“William e io abbiamo fatto tutto il possibile per elaborare e gestire la cosa in privato per il bene della nostra giovane famiglia”. Ma “la cosa” era un cancro, “tutto il possibile” non è stato abbastanza e la vita di Kate Middleton, consorte dell’erede al trono, è stata squinternata e data in pasto a lettori avidi di gossip. La stampa inglese vive da sempre con una spina nel fianco che si chiama Monarchia, con la maiuscola perché è tra le più longeve e rispettabili: da un lato fonte di notizie più o meno ufficiali che diffonde in anteprima in tutto il mondo, dall’altro attrattiva troppo forte per resistere alla tentazione di inventarne quando da Buckingham Palace non ne arrivano.



Se dovessimo prendere per buona la massima di Mark Twain “il giornalista è colui che distingue il vero dal falso e pubblica il falso”, il caso di Kate calzerebbe a pennello. Bella, intelligente, riservata, rispettosa del protocollo monarchico e, perciò, così distante dall’immagine della spregiudicata cognata Meghan Markle, la principessa del Galles ha cercato di non dare la propria malattia in pasto ai cani del giornalismo di bassa lega, ma ha dovuto fare i conti con due fantasmi del passato.



Il primo si chiama Diana Spencer, morta in circostanze mai chiarite del tutto o almeno così si racconta: bella e intelligente anche lei, moglie di un erede al trono che non amava e dal quale non era amata, principessa tanto triste quanto adorata dai suoi sudditi: il popolo devoto vede in Kate una sorta di continuazione di Diana e la tragica fine di quest’ultima solletica fantasie sulla vita privata dell’altra.

Il secondo ha nome Elisabetta II, amatissima regina del Regno Unito: la sua morte, appena un anno e mezzo fa, ha segnato una cesura tra un prima, in cui almeno in parte la stampa mordeva il freno sulle notizie che riguardavano la Corona, ed un dopo, in cui tutto è diventato lecito e possibile in nome della libertà di stampa. Sacrosanta, certo, vessillo di ogni governo democratico, ma che se intesa senza limiti diventa parodia di sé stessa, offre il destro ad ogni tipo di giudizio e, in definitiva, nuoce alla stessa democrazia che dice di voler difendere. Il vecchio aplomb anglosassone si è perduto nei meandri manifesti di una economia che, sull’Isola come del resto in tutto il mondo, guarda più al profitto che all’etica. C’è da credere che i giornalisti capaci nei giorni scorsi di riversare sulla famiglia reale ogni sorta di fantasia perversa (Kate ha un’amante, no è William che la tradisce, Kate è morta, il marito mostra in pubblico una controfigura e via elucubrando di invenzione in invenzione) non siano disposti a recitare il mea culpa ora che il silenzio della principessa si è rivelato per quello che era: una malattia seria che lei stessa ha avuto il coraggio e la dignità di rivelare davanti alle telecamere. “In questo momento, penso anche a tutti coloro le cui vite sono state colpite dal cancro. Per tutti coloro che affrontano questa malattia, in qualunque forma, per favore non perdete la fede o la speranza. Non siete soli”. Coraggio e dignità da autentica regina.



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