Katharina Miroslava passò velocemente dal palco dei night alla cronaca nera: ballerina polacca è stata condannata a 21 anni di carcere per l’omicidio del suo amante, Carlo Mazza. Il corpo del ricco imprenditore, venne trovato il 9 febbraio 1986, all’alba, nella sua auto parcheggiata proprio sotto casa, a Parma. Inizialmente si pensò ad un malore ma l’autopsia rivelò ben presto un’altra verità dopo la scoperta di due piccoli fori di proiettile alla testa. L’uomo fu ammazzato con una pistola calibro 6.35, arma che non sarebbe mai stata usata da un professionista. Il giornalista Francesco Silva ha commentato: “Si è parlato di Katharina Miroslawa quasi subito perchè Mazza era conosciutissimo e lui viveva in questa zona, in piazzale Matteotti, era con gli amici tutte le sere al bar, quasi tutti erano al corrente di questa relazione che aveva con la donna”. Gli investigatori scoprirono che l’imprenditore aveva intestato proprio alla bella straniera una polizza da un miliardo di lire che rappresentò per la polizia il movente.
Katharina fu arrestata insieme al marito ed al fratello. Il giornalista Silva fu proprio il primo ad intervistare la donna all’uscita dal carcere. Un colloqui molto discusso anche se la donna non disse molto. “Parlò pochissimo, mi disse che era tranquilla e non c’entrava nulla”, ha spiegato il cronista.
KATHARINA MIROSLAWA, IL SUO RUOLO NEL DELITTO MAZZA
Anche per i giudici del primo grado Katharina Miroslawa fu innocente, al punto che tutti furono assolti per insufficienza di prove. L’assicurazione però non era affatto disposta a pagare quella cifra altissima ed una squadra di investigatori privati riuscì a dimostrare che il fratello della donna aveva affittato un’auto a Monaco di Baviera prima del delitto dell’imprenditore, per poi riconsegnarla ad Amburgo. I chilometri percorsi erano compatibili con una andata-ritorno a Parma. La prova, secondo la Corte d’Appello di Bologna che condannò i tre, poi nuovamente assolti in Cassazione per mancanza di indizi. Nel 1992 Katharina era già latitante. Anche Parma si divise tra colpevolisti e innocentisti. La donna fu arrestata a Vienna otto anni dopo da Alfio Manoli, oggi ex Luogotenente dei Carabinieri: “In quei momenti, in più occasioni erano pervenute segnalazioni alcune delle quali nei dialoghi occasionali, altre anonime, che indicavano in particolari circostanze la presenza della donna in zone turistiche. Iniziammo una attività investigativa che inizialmente trovò scetticismo da parte del magistrato bolognese”.
La donna continuò sempre a dichiararsi innocente e a rifiutare l’etichetta di “Dark Lady” che le era stata cucita addosso e a TV7, nel 2001, ammise: “Mi sono sentita più che altro che gli uomini si sono fatti gioco di me. Anche tra mio marito e Carlo si saranno pur parlati, io ero lì di mezzo”. Proprio durante la sua detenzione, il marito confessò di essere stato lui l’assassino: “Gli sparai alla nuca e alla tempia, vicino all’orecchio”. Ma non bastò a riaprire il processo. Katharina ha finito di scontare la sua pena nel giugno 2013 e vive ancora in Italia. Oggi è nonna, lavora e non chiede più nulla: “Io ho subito un’ingiustizia, è un dato di fatto per me”.