La famiglia di Katty Skerl sapeva che probabilmente la tomba della ragazza uccisa nel 1984 era vuota. I segni del furto della bara, infatti, erano visibili sulla lapide già otto anni fa. Ne parla sui social Laura Mattei, cugina della vittima, chiedendosi il motivo per il quale «nel 2014 quando mostrava delle crepe», nessuno «si prese l’onere di fare almeno un controllo visivo». L’omicidio di Katty Skerl è una vicenda a dir poco intricata, che si intreccia alla scomparsa di Emanuela Orlandi. La prima è una 17enne assassinata il 21 gennaio 1984: fu trovata cadavere in una vigna a Grottaferrata, strozzata da uno sconosciuto. Laura Mattei, però, non collega la vicenda a quella della ragazza sparita a Roma pochi mesi prima, il 22 giugno 1983. Inoltre, attende risposte dagli inquirenti in merito alla scoperta della tomba vuota. Ma la procura di Roma si è attivata anche per rispondere ad una domanda: perché la bara è stata rubata?



Una risposta l’ha data Marco Accetti, fotografo romano e reo confesso del caso Orlandi. «Quando la Skerl fu vestita per essere deposta nella bara, era presente una ragazza che, spacciandosi per parente, insistette per assistere alla preparazione del feretro. Costei ravvisò un certo elemento indosso alla Catherine, e tale dettaglio fu usato in un comunicato del 1984, ed attribuito alla Orlandi», riporta Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera. Il riferimento è alla camicetta bianca con su scritto Frattina 1982, dicitura che si trova in un comunicato del 22 novembre 1984 di rivendicazione del sequestro Orlandi, firmato “Turkesh”.



KATTY SKERL E L’INTRECCO COL CASO EMANUELA ORLANDI

Per impossessarsi di quella camicetta, alcune persone organizzarono nel 2005 «una fittizia squadra di addetti ai lavori cimiteriali». È sempre Marco Accetti a raccontarlo. Parla della simulazione di un lavoro di riesumazione: «Smurarono il fornetto e lo richiusero dopo aver prelevato la bara». Una scena ritenuta inverosimile, ma alla luce della scoperta che la bara di Katty Skerl è stata effettivamente rubata acquisisce inquietanti significati. Queste persone, riporta il Corriere della Sera ricostruendo la versione di Accetti, «caricarono la cassa su un carro funebre ed uscirono da uno dei cancelli vigilati, come se si trattasse di un’operazione di traslazione». Dentro lasciarono una maniglia svitata dalla cassa, raffigurava un angelo.



Ne parlò nel settembre 2015 sul suo blog per chiamarsi fuori, del resto si trattava di una procedura che richiedeva il coinvolgimento di diverse persone. Essendo a conoscenza di tanti particolari, vien da chiedersi, come giustamente fa Fabrizio Peronaci sul Corriere, se non stia coprendo qualcuno anche sul caso di Emanuela Orlandi. «Perché nel 2013 è uscito allo scoperto auto-accusandosi del rapimento di Emanuela, e preoccupandosi molto di essere creduto?», scrive il giornalista, non escludendo neppure l’ipotesi che sia stato «mandato avanti da qualche misterioso “referente”, allocato magari in ambienti altolocati».