Di plagi, più o meno acclarati, è piena la storia della musica. Gli accusati usano quasi sempre come linea difensiva il fatto che le note sono sette ed è inevitabile che una o due si ripetano, inconsciamente. Il primo caso del genere, e il più famoso, fu quello che coinvolse l’ex Beatle George Harrison, la cui My Sweet Lord, super successo nelle classifiche di tutto il mondo, venne accusata di essere copiato da un brano del 1963 del gruppo delle Chiffons, He’s so fine. Harrison sosteneva invece di essersi ispirato ala melodia dell’arcinota Oh Happy Days, ma alla fine, nel 1976, perse la causa e fu giudicato colpevole di plagio, seppur “inconscio”. Fu condannato a dare la maggior parte dei diritti d’autore di My Sweet Lord e una parte di quelli dell’album che la conteneva All Things Must Pass agli eredi dell’autore originale di He’s So Fine (morto da tempo) e alla società di pubblicazione.

IL PLAGIO NEL RAP

Recentemente, anche la celeberrima Stairway to heaven dei Led Zeppelin è stata accusata di plagio, ma Page e Plant hanno vinto la causa. L’ultimo episodio del genere riguarda artisti di meno conto, è cioè la stellina del sexy-pop Katy Perry, che è stata condannata per il plagio del suo brano Dark Horse, il secondo singolo più venduto nel corso del 2014, copiato da Joyful Noise del rapper cristiano Marcus “Flame” Gray. La Perry in tribunale ha sempre sostenuto di non aver mai ascoltato in vita sua quel pezzo, dando la colpa ai suoi collaboratori che le avevano dato dei campionamenti di passaggi strumentali. In realtà, la musica rap è tutta un plagio, in quanto si compone di campionamenti di tantissimi altri brani, ma la buona educazione vuole che vengano sempre citati, cosa che non è successa con Dark Horse. Non si sa ancora l’entità della condanna.