L’operazione militare americana che ha portato all’uccisione del califfo dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, è stata dedicata a Kayla Mueller, cooperante americana uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera per 18 mesi dai miliziani dell’Isis. Secondo indiscrezioni pubblicate al tempo, la giovane sarebbe anche stata stuprata dallo stesso al Baghdadi. Kayla Mueller, che lavorava come volontaria per Medici senza frontiere, era stata rapita nel 2013 in Siria e tenuta ostaggio per un anno e mezzo. Morì, sempre secondo indiscrezioni non confermate, nel 2015 a causa di un bombardamento sugli edifici dove si trovava rinchiusa. Aveva 26 anni. In quei 18 mesi, come riportarono altri ostaggi in seguito liberati, la ragazza aveva subito torture e stupri ripetuti, nel tentativo di farle abiurare la fede cristiana e professare quella islamica. Ma non accadde mai. Ricorda un prigioniero danese, in seguito tornato a casa, che un giorno portarono Kayla nella stanza dei prigionieri maschi, le tolsero il velo e dissero che lei si era dimostrata più intelligente di loro, diventando musulmana. Lei replicò a voce alta: “No, non l’ho mai fatta”, lasciando senza parole i terroristi. “Non avrei mai avuto il coraggio di fare altrettanto”, dirà il fotografo danese che assistette all’episodio.
LE ACCUSE A BARACK OBAMA
A rivelare la dedica, il consigliere per la sicurezza nazionale americano Robert O’Brien, in una intervista al canale televisivo Nbc. In queste ore è giunto anche il commento dei familiari di Kayla che hanno detto che se l’ex presidente americano, Barack Obama, fosse stato “deciso” come lo è stato Donald Trump, ordinando un blitz per salvarla, la figlia sarebbe ancora in vita, hanno dichiarato i genitori al The Arizona Republic. La madre, Marsha Mueller ha aggiunto: “Penso che questa amministrazione possa veramente aiutarci. Non penso che siano così chiusi su quello che è successo”. Il padre, Carl, ha invece sottolineato come fosse “importante” che il presidente conoscesse la storia della figlia: “È stato informato, questo per me è importante. Penso che niente lo avrebbe fermato nella caccia a quest’uomo”. Durante la lunga prigionia, la giovane scrisse una lettera ai genitori, un capoverso al giorno, in cui testimoniava la sua fede: “Grazie a Dio e alle vostre preghiere, sono stata teneramente cullata in caduta libera, mi è stata mostrata la luce nell’oscurità e ho imparato che in ogni prigione si può essere liberi. Sono grata. Sono arrivata a vedere che c’è del buono in ogni situazione, a volte dobbiamo solo andare a cercarlo”.